È curioso che l’ultima incisione per un progetto discografico di Giovanna Marini, scomparsa a 87 anni, sia stata una preghiera, per la precisione l’Ave Maria di Claudio Chieffo pubblicata nel disco tributo al cantautore di qualche anno fa, Charity. Giovanna Marini da tempo aveva smesso di cantare, viste le fatiche dell’età, ma accettò di buon grado di prendere parte al progetto, registrando la sua voce. Fu un momento bellissimo, commovente, per molti il momento più alto dell’intero disco che pure conteneva le performance di alcune dei più noti cantautori italiani. La voce spezzata, un po’ zoppicante quasi tremante, Giovanna espresse tutta la tenerezza delle preghiere che a volte si sentono sottovoce nelle chiese oggi semi abbandonate, di quelle donne anziane che custodiscono la memoria del fatto cristiano.
Non molti sanno di questa registrazione, soprattutto il pubblico e gli ascoltatori storici della cantante, da sempre identificati con la sinistra italiana. Ma in fondo, cosa c’è di più autenticamente popolare di una preghiera alla Madre di Gesù?
Giovanna Marini, come tantissimi, anzi quasi tutti, gli italiani della sua generazione veniva da una famiglia cattolica: un suo fratello è sacerdote gesuita. Rappresentava perfettamente quel tessuto popolare che aveva costruito l’Italia del dopoguerra, quelle due correnti di popolo che sono state il sangue e la linfa dell’Italia liberata e repubblicana, il movimento cattolico e quello comunista. Quelle due realtà che pur dandosi battaglia dal punto di vista politico, avevano sempre collaborato nel dar vita a cooperative, banche popolari, corpi intermedi, associazioni di sostegno per i lavoratori, società di mutua assistenza. Tutto quello che la riduzione della politica in un fenomeno di élite e di distruzione degli ideali popolari oggi non esiste più, e le conseguenze drammatiche le vediamo tutti i giorni.
Giovanna Marini non era semplicemente “una cantatessa” schierata politicamente, una sorta di Joan Baez italiana, era una autentica musicista. Il padre, Giovanni Salvucci, scomparso a soli 30 anni, era un musicista, la madre insegnante al conservatorio. Lei si diplomò al conservatorio di Santa Cecilia in chitarra classica (assolutamente inusuale a quei tempi per una donna) studiando addirittura con il più grande chitarrista dell’epoca, Andrés Segovia.
Fu l’incontrò con intellettuali di sinistra come Pier Paolo Pasolini e Italo Calvino a spingerla a interessarsi della cultura della canzone popolare italiana, un patrimonio immenso che lei portò al grande pubblico. Si unì al Nuovo Canzoniere Italiano, un gruppo nato all’inizio degli anni Sessanta su iniziativa degli etnomusicologi Roberto Leydi e Gianni Bosio, cantando per anni sia negli spettacoli dal vivo sia in diversi dischi registrati dall’etichetta I Dischi del Sole. La sua attività di recupero e riproposta delle canzoni popolari italiane proseguì in forme diverse assieme a Dario Fo (con cui portò in scena lo spettacolo Ci ragiono e canto), a cantautori come Paolo Pietrangeli, Ivan Della Mea e Gualtiero Bertelli, e attraverso l’insegnamento, specialmente alla Scuola Popolare di Musica di Testaccio a Roma, che contribuì a fondare nel 1975 e in cui ha lavorato sino ai suoi ultimi anni.
Lavoratrice instancabile, fu attiva nel cinema (Lettera aperta a un giornale della sera, Storia d’amore, Il sospetto, I sei operai, L’alba, Avventura di un fotografo, Codice privato, Il segreto, Cronache del terzo millennio, Café Express di Nanni Loy, Terminal di Paolo Breccia) e in migliaia di concerti in tutta Italia; nel 1989, in occasione dei duecento anni della Rivoluzione francese musicò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Indimenticabili il suo Lamento per Pasolini e I treni per Reggio Calabria. Fu testimone e voce dell’autentica cultura popolare italiana, oggi dispersa e dimenticata, quella che ci rendeva fieri di essere appartenenti a questo Paese.
Un giovanissimo Francesco De Gregori a inizio carriera ebbe modo di accompagnarla spesso, tanto che nel suo disco forse più famoso, Titanic, i due duettano nella bella L’abbigliamento di un fuochista. Ancor di più, nel 2002, i due incisero un disco in coppia, Il fischio del vapore, contenente un repertorio interamente dedicato ai canti della tradizione popolare italiana. Fu forse il suo momento di maggior notorietà commerciale, ma anche di maggior soddisfazione per aver riportato di nuovo in auge quel patrimonio immenso.
Benedetto, figlio di Claudio Chieffo, ricorda così come riuscì a coinvolgerla nel disco in tributo al padre: “Parlai per la prima volta con Giovanna Marini il 21 maggio del 2020 per proporle di interpretare una canzone di mio padre in un disco di beneficenza. Si trattenne a parlare con me a lungo, desiderosa di conoscere e con grande gentilezza. Ci pensò alcuni giorni e poi con dolore mi scrisse “le canzoni sono importanti e fatte proprio con il cuore, e a me manca il cuore di cantarle. Necessitano di uno studio, di una voce fresca, di una mano agile sulla chitarra, so che non reggerei né con la voce né con la chitarra. Quando le ho risposto tranquillamente senza sapere come stavo, era da tempo che non provavo a suonare e cantare, ma ora che l’ho fatto devo ammettere e dirle che veramente non è più cosa possibile”. Dopo alcuni mesi, dopo aver riascoltato Johnny Cash recitare alcuni versi dell’Apocalisse in una canzone, le proposi di recitare nel disco alcuni versi di Stella del mattino, l’Ave Maria di mio padre. Accettò”.
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