LE “CONFESSIONI” DI GIOVANNI BAZOLI: LA P2, CALVI E…

Il prossimo 18 dicembre Giovanni Bazoli compirà 90 anni: per il banchiere fautore dell’ascesa di Banca Intesa Sanpaolo – di cui oggi è ancora Presidente onorario – la lunga intervista ad Aldo Cazzullo sul “Corriere della Sera” è una sorta di esercizio di memoria storica per rammentare i tanti risvolti della politica ed economia italiana che vedono in Bazoli uno degli assoluti e indiscussi protagonisti. «Nel 1982 Andreatta e Ciampi mi affidarono l’Ambrosiano dopo il drammatico fallimento? Era una sera di fine luglio. Nel salone delle assemblee della Banca d’Italia, con il governatore e il direttorio, c’erano i rappresentanti delle sette banche che avevano accettato la proposta respinta dalle grandi banche milanesi: farsi carico dell’Ambrosiano dopo il crac e la morte di Calvi. Quando fu annunciato che il nuovo presidente era Bazoli, tutti si guardarono attorno: non mi conosceva nessuno». Non accettò subito il banchiere bresciano, dovettero Ciampi e Nino Andreata convincerlo a lungo: «Andreatta disse, con aria delusa: “Pensavo che fosse venuto anche per te il momento di uscire dalla tua vita riservata e tranquilla, di fare qualcosa per il tuo Paese. Ma se non ti senti di assumere questa responsabilità, non insisto”. Ci rimuginai per ore. E accettai».



Dalle esperienze ben poco limpide di Sindona e Calvi nel mondo della finanza italiana di quel tempo, Giovanni Bazoli si propose di dimostrare che un banchiere cattolico può occuparsi di finanza in maniera corretta: «All’epoca ero più ingenuo di oggi, più convinto che gli esempi servissero. E volevo dare un esempio non solo di legalità, ma anche di non avidità». Sul mistero tutt’oggi non del tutto risolto – ovvero il suicidio/omicidio di Calvi – Bazoli si dice convinto: «Ormai è provato che sia stato ucciso. Sulla banca la sua figura è rimasta a lungo come un’ombra. Molti anni dopo la sua morte, al ritorno da una riunione del Fondo monetario a Washington vennero a prendermi all’aeroporto e mi portarono di corsa da Passera, allora amministratore delegato, che mi informò con grande allarme e cautela, temendo di essere spiato, che era stata rinvenuta una cassetta di sicurezza intestata a Calvi…». In quella cassetta, spiega ancora al “CorSera” alla fine non c’era granché: «Dei giornali. E un mattone. Non si è mai saputo che cosa significassero. Certo, quando fu ucciso, aveva dei mattoni al collo». In merito al rapporto della loggia massonica P2 con la finanza e la politica del tempo, Bazoli riflette come quella loggia fosse «strettamente intrecciata al mondo di Sindona e Calvi. Sopravvissuta a loro, ha cercato in tanti modi e in diversi tempi di ostacolare il cammino del Nuovo Banco, l’operazione di pulizia affidatami da Ciampi e Andreatta».



DALLA PROVVIDENZA ALLA POLITICA: I 90 ANNI DI GIOVANNI BAZOLI

Un banchiere cattolico, molto amico di Romano Prodi e un uomo da sempre al centro del “potere” finanziario italiano: eppure le pressioni della politica per farlo “scendere in campo” non lo convinsero mai del tutto: «Andreatta mi indicò in un’assemblea dei parlamentari del centrosinistra come candidato premier ideale? Lui mi parlò per due ore, nel tentativo di persuadermi. Poi andammo insieme a messa in Duomo. Io non gli dissi di sì, anzi, obiettai che dovevo occuparmi della fusione tra Comit e Cariplo. Ma lui tenne lo stesso quel discorso ai parlamentari; anche se non fece il mio nome, parlò genericamente di un federatore…». Poi però Andreatta, l’amico di una vita, entrò in coma qualche giorno dopo e della “sfida” a Berlusconi non se ne fece più nulla: «quel discorso di Nino sulla responsabilità aveva avuto su di me una certa presa… Comunque alla fine dissi no a Prodi, a Bruxelles, dove presiedeva la Commissione europea».



Bazoli racconta però un aneddoto molto divertente riguardo il suo rapporto di certo agli antipodi con il Cavaliere: «Non ci siamo mai scontrati, nonostante le mie idee politiche, che notoriamente non coincidono con le sue, e l’amicizia con Prodi. Conosco Berlusconi da quando era soltanto un imprenditore di successo. Lo incoraggiai a comprare il Milan. Temeva, comprando una squadra, di perdere la simpatia dei tifosi delle altre; e lui voleva piacere a tutti. Gli feci notare che, come dimostrava Agnelli, possedere una squadra non impediva di essere ammirato, anzi». Da ultimo, interessante il rapporto con la fede che viene descritto da Giovanni Bazoli come un costante dialogo con la Provvidenza: «La Provvidenza è la risposta di Dio alle preghiere degli uomini. Ed è meraviglioso pensare che ciò possa avvenire attraverso i santi, le persone morte che ci hanno amato. L’intero Vangelo non è che un invito a pregare: “Chiedete e vi sarà dato”. La liturgia è preghiera: la Chiesa non fa altro che pregare. Ma la fede del credente incontra sempre momenti di prova: perché resta da spiegare la preghiera non esaudita. Il male, la sofferenza, l’ingiustizia. E oggi, per la prima volta nella storia, la scienza offre risposte alternative, sino a mettere in crisi l’idea stessa di creazione. Anche per questo il mondo ha sempre meno fede».