E’ morto nella giornata di ieri, a 75 anni, il fotografo Giovanni Chiaramonte, notizia riportate, fra gli altri, dal sito de L’Avvenire. Chiaramonte, che stava curando la mostra all’Adi Design Museum di Milano inaugurata proprio ieri, era nato nel 1948 a Varese ma i suoi genitori erano originari di Gela. Il suo percorso nel mondo della fotografia era iniziato negli anni ’60, ma si è affermato in particolare una ventina di anni dopo, realizzando libri e mostre legate in particolare a Sicilia, Stati Uniti e Gerusalemme, per delle foto che, come ricorda ancora L’Avvenire, erano caratterizzate da una luce gialla, calda e pervasiva.



Il lavoro di Giovanni Chiaramonte, come si legge nella biografia pubblicata sul suo sito, si è sposato con la teologia: “si genera sin dall’inizio nella tradizione teologica ed estetica di Von Balthasar e della Chiesa d’Oriente, incontrata con Evdokimov, Clément, Tarkovskij. E ha come tema principale il destino della civiltà occidentale”.



GIOVANNI CHIARAMONTE, MORTO A 75 ANNI IL NOTO FOTOGRAFO: IL RICORDO DI ANDREA DALL’ASTA

Andrea Dall’Asta, direttore a Milano del Museo San Fedele, che ha lavorato con Giovanni Chiaramonte, lo ricorda così: «Etica, estetica e teologia coincidono: lo ripeteva spesso. Era un uomo di profonda fede. Aveva una visione teologica della fotografia: attraverso la luce come forma di misericordia ogni aspetto della vita, anche il dramma, viene consegnato all’eterno. La fotografia era per lui il modo con cui la fede vede il mondo».

Corrado Benigni, che nel 2022 ha curato una monografia di Chiaromonte, aggiunge: «I poli entro cui ha orbitato la sua fotografia sono il realismo e l’infinito. Da una parte il teatro quotidiano dell’abitare, l’esperienza umana e terrena, dall’altra l’orizzonte metafisico, il suo credo religioso come pratica immaginativa e interpretativa della realtà. Non è una fotografia consolatoria, ma porta con sé un percorso complesso e tragico all’interno delle immagini. Non cattura l’immagine ma piuttosto è una conquista. Un fotografo di pensiero, sulla scia di Luigi Ghirri e i maestri che negli anni 70 e 80 hanno rivoluzionato la fotografia italiana, tra ocolore, paesaggio ai margini».