Giovanni Crozza Signoris, che ieri sera era sul palco del Festival di Sanremo 2024 con il cast della serie ‘Mameli – Il ragazzo che sognò l’Italia‘, nella quale interpreta il camallo Cerlin Repetto, ha raccontato a La Stampa quello che per lui significa recitare e fare l’attore. Figlio di Maurizio Crossa e Clausa Signoris, ironizza subito sul doppio cognome sottolineando che porta entrambi i cognomi “perché così sono turbo raccomandato, sia dalla mamma che dal papà”.
Ma, appunto, è solo ironia e Giovanni Crozza Signoris spiega che, in realtà, il secondo cognome gliel’ha dato “mia mamma quando avevo quattro anni, perché desiderava che la sua stirpe andasse avanti, era l’ultima Signoris“. Sulla raccomandazione, e più che altro sui paragoni che i critici fanno tra lui e i suoi genitori, spiega che “non mi interessa: faccio questo mestiere perché mi piace, perché ne ho la passione e ne ho bisogno. Mi chiamassero come vogliono”, sottolinea Giovanni Crozza Signoris, “io vado per la mia strada”. Fare l’attore, precisa, non è solo passione, anche se è necessaria per seguire questa carriera, ma anche “preparazione. Se ami una professione provi naturalmente il desiderio di approfondire e migliorarti [e] nel caso dell’attore vuoi dare vita a una poetica personale“.
Giovanni Crozza Signoris: “La recitazione rischia di renderti nevrotico”
Parlando della sua formazione, Giovanni Crozza Signoris conferma si essere attualmente studente di Filosofia all’Università e di recitazione al Centro sperimentale. “Mi è sempre piaciuto studiare“, racconta, ma non è assolutamente un secchione perché “i bei voti non li ho mai avuti”. Sulla filosofia, invece, racconta che la studia perché gli piace approfondire “il pensiero etico”, però, “purtroppo, sono fuori corso di due anni, perché per i primi tre di giorno ero sempre al Centro sperimentale”.
Tornando, invece, alla recitazione, Giovanni Crozza Signoris confessa di non aver ancora formulato un suo personale sguardo sul mondo che vuole far trasparire nei suoi personaggi, ma racconta di aver “appena incominciato un percorso di analisi”. Infatti, “fare l’attore implica essere costantemente sotto giudizio e questo può alimentare una sorta di iper sensibilità verso se stessi: siccome ti osservano sempre, tendi a osservarti a tua volta” e il rischio, secondo Giovanni Crozza Signoris, è che questa sensibilità sfoci “in varie forme di nevrosi“.