Giovanni Falcone è stato probabilmente il magistrato italiano più famoso di tutto i tempi, e nel contempo uno dei più valorosi. Ha dedicato la sua vita alla lotta della mafia, e la sua vita l’ha purtroppo persa proprio per mano della mafia. Era infatti il 23 maggio del 1992, praticamente 30 anni fa, quando Giovanni Falcone fu vittima della strage di Capace, un attentato sull’autostrada A29, che collega Palermo a Mazara del Vallo, che uccise lo stesso magistrato nonché la moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Fu un investigatore dal fiuto straordinario e soprattutto avanguardista: in un’epoca, gli anni 80′ e inizio 90′, in cui si negava addirittura l’esistenza di Cosa Nostra, lui ne aveva compreso le enorme quanto straordinarie e inquietanti potenzialità, e nel contempo, le capacità di penetrare qualsiasi sistema, compreso lo Stato.
Fu di fatto Giovanni Falcone a dare vita ad un metodo di indagine che consisteva nel lavoro in pool, in team, e soprattutto nel “seguire il denaro” per risalire alla fonte del male. Assieme al collega Paolo Borsellino, che perse la vita pochi mesi dopo, Giovanni Falcone diede vita al primo maxi processo contro la mafia della storia, scardinando quello che fino all’epoca era una sorta di mito della mafia che non si poteva sconfiggere.
GIOVANNI FALCONE: IL MAXI PROCESSO E LA MORTE A CAPACI
In totale furono portati alla sbarra ben 475 fra boss e gregari della mafia siciliana, un processo che da una parte portò alla condanna di sole 19 persone, ma in totale furono 2.665 gli anni di carcere inflitti. Il grande intuito di Giovanni Falcone aveva portato lo stesso anche a comprendere quanto la mafia avesse stretto relazioni transnazionali, radicandosi così in altri stati, e portando quindi ad una collaborazione fra polizie straniere per acciuffare i mafiosi sparsi per il globo.
La morte di Giovanni Falcone ha rappresentato di fatto la fine di Cosa Nostra, visto che dall’attentato di Capaci lo Stato ha iniziato a fare sul serio nella lotta alle cosche, portando all’arresto di vari padrini come Toto Riina e Provenzano, fino all’obbligo alla latitanza di Messina Denaro, quello che viene ritenuto l’ultimo capo dei capi. “L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno – una frase storica rilasciata da Giovanni Falcone durante un’intervista – è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza”.