Tommaso Buscetta è il primo grande pentito di Cosa Nostra. La testimonianza di Buscetta aiutò i magistrati, in particolare Giovanni Falcone, a capire cos’è la mafia e a svelare la sua struttura gerarchica: la Cupola. Nel 1984 il giudice Falcone volò in Brasile per l’estradizione in Italia di un criminale e ne tornò con un collaboratore di giustizia. “Non sono un infame. Non sono un pentito. Sono stato mafioso e mi sono macchiato di delitti per i quali sono pronto a pagare il mio debito con la giustizia”, dichiarò Buscetta nel primo incontro ufficiale con Falcone, come scrisse il magistrato nel suo libro “Cose di Cosa Nostra”.
Antonino Caponnetto, a capo del Pool antimafia dal 1984 al 1990, ha ricordato in diverse occasione le prime parole dell’ex padrino a Giovanni Falcone: “L’avverto, signor giudice. Dopo quest’interrogatorio lei diventerà forse una celebrità, ma la sua vita sarà segnata. Cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Non dimentichi che il conto con Cosa Nostra non si chiuderà mai”.
Giovanni Falcone: il pool antimafia, la strage di Capaci
Giovanni Falcone nasce a Palermo il 18 maggio 1939. Nel 1961 si laurea in Giurisprudenza, tre anni dopo vince il concorso ed entra nella magistratura italiana. Dal 1966, per dodici anni, ricopre il ruolo di sostituto procuratore a Trapani. Nel 1978 si trasferisce a Palermo e nel 1979, dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova, lavora all’Ufficio istruzione, sotto la guida di Rocco Chinnici, insieme a Paolo Borsellino. Dopo l’uccisione di Chinnici nel 1983, Antonino Caponnetto costituisce il pool antimafia, che include Falcone e Borsellino.
Nel 1984 interroga il pentito Tommaso Buscetta, la testimonianza dell’ex padrino porta a una svolta nelle indagini contro Cosa Nostra. Il pool lavoro al grande maxiprocesso che si conclude nel 1987 con 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe da pagare. Il 23 maggio 1992, sull’autostrada A29, nei pressi del paese siciliano di Capaci, cinquecento chili di tritolo fanno saltare in aria l’auto su cui viaggia il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.