Giovanni Galli, celebre portiere del Milan degli anni d’oro, poi passato al Napoli nel periodo di Diego Armando Maradona, si è raccontato sulle pagine del Foglio, parlando tanto della sua carriera calcistica, quanto della vita privata. Oltre ad essere stato uno dei portieri più apprezzati in Italia, infatti, ha militato (e lo fa tutt’ora) in politica, mentre nel 2001 ha tragicamente perso suo figlio 17enne Niccolò in un incidente in moto.
Partendo, però, dal calcio, Giovanni Galli ricorda che all’inizio “io non dovevo fare il portiere, avevo sempre giocato in attacco. Il cambio di ruolo fu una pura fatalità, mancava il portiere e mi ritrovai fra i pali”. La Fiorentina, prima squadra importante a livello nazionale in cui ha giocato, “è stata la mia seconda famiglia”, ma il Milan fu una vera e propria “macchina da guerra”. Mentre del Napoli ne parla come di una “grande occasione per dimostrare a tutti che non ero solo un portiere bello di notte”. Di Maradona, invece, Giovanni Galli ricorda con affetto di ritenersi “fortunato ad aver avuto l’opportunità di costruire un legame di stima, amicizia e fratellanza“.
Giovanni Galli: “La morte di mio figlio l’ho superata grazie alla famiglia e alla fede”
Andando oltre alla sua esperienza calcistica, Giovanni Galli commentando lo stato attuale del calcio ritiene che ci sia “veramente poco da salvare. Vedo solo posizionamenti di potere e voglia di mantenere poltrone“, in un contesto in cui “i calciatori sono solo strumenti”. Sulla politica, invece, ci tiene a ricordare il record personale del “quaranta per cento dei consensi nel 2009 contro Matteo Renzi”, mentre il settore politico “mi ha aperto un mondo nuovo, che ha appagato la mia curiosità e la mia sete di conoscenza”.
Infine, però, Giovanni Galli ci ha tenuto a parlare del grave trauma che ha subito nel 2001, quando suo figlio Niccolò è morto tragicamente. Una tragedia dalla quale “non se ne esce. Sei in ginocchio, strisci sul pavimento e devi decidere se rialzarti o continuare a camminare a quattro zampe”. Importante, per lui, è stato il supporto della famiglia, “siamo stati uniti e legati strettamente, gli uni agli altri”, ma “mi ha aiutato anche la fede“. Le sue figlie, Carolina e Camilla, “sono, e rimarranno, il mio orgoglio e la mia più grande consolazione”, mentre “il percorso fatto con Niccolò è stato intenso, ma troppo breve. Sono certo che riprenderà in un’altra dimensione“, conclude Giovanni Galli, “anche se non so dirle quale. Io devo rivedere mio padre e devo rivedere mio figlio”.