Grazie alla fede, Giovanni Galli è riuscito ad affrontare la morte del figlio Niccolò, scomparso a soli 17 anni a causa di un incidente con il motorino mentre tornava dagli allenamenti. “Credo che la fede in questo ci abbia aiutato molto, soprattutto la consapevolezza che un giorno ci riabbracceremo. Questa è l’unica convinzione che ho in questo momento”, ha detto l’ex portiere a Vieni da me. La morte di Niccolò è un dolore grandissimo, ancora oggi, anche per le sorelle. “Sai cos’è? Io giro i campi da calcio… Spero di vederlo sbucare dagli spogliatoi e di essermi sbagliato», ha ammesso senza trattenere l’emozione. Infine, Galli ha aggiunto: «Avremmo voluto averlo ancora di più con noi ma così è stata la vita; avremo più tempo per stare insieme!» (aggiornamento di Stella Dibenedetto).
GIOVANNI GALLI E IL DOLORE PER LA MORTE DEL FIGLIO NICCOLO’: “NON SO COME L’HO SUPERATA”
Giovanni Galli racconta i tragici momenti vissuti nel 2001 quando una telefonata gli annunciò il tragico incidente in cui rimase coinvolto il figlio Niccolò che stava seguendo le sue orme avendo già debuttato in serie A come difensore tra le file del Bologna. Il 9 febbraio del 2001 è stato l’ultimo giorno di vita di Niccolò. Stava tornando dagli allenamenti con il Bologna quanbdo venne a mancare. “E’ stato un susseguirsi di telefonate dove la situazione peggiorava sempre. L’ultimo tratto della galleria di Bologna nessuno rispondeva più al telefono e, in quel momento, ho guardato mia moglie Anna e le ho detto di prepararci al peggio. Prima era scivolato con il motorino, poi era caduto e quando siamo arrivati all’ospedale di Bologna abbiamo trovato tutti i suoi compagni di squadra in lacrime e lì abbiamo capito tutto”, racconta Giovanni Galli. “Non mi chiedere come si fa ad andare avanti. Mi ha aiutato l’amore che c’è sempre stato nella mia famiglia e l’altra cosa che mi ha aiutato è la fede perché se così non fosse stato sarebbe stato molto duro e molto difficile. Capisco i genitori che si ritrovano a vivere queste tragedie e che hanno dolore, rabbia e disperazione e credo che la fede con la consapevolezza che un giorno lo riabbraccerò è l’unica consolazione che ho in questo momento”, conclude Gallia parlando con la Balivo (aggiornamento di Stella Dibenedetto).
GIOVANNI GALLI E IL SOGNO DEL CALCIO A VIENI DA ME
Giovanni Galli, campione del mondo e che con il Milan ha conquistato trofei importanti come scudetti e la Coppia dei Campioni, l’attuale Champions League, si racconta ai microfoni di Vieni da me. Dopo aver rivisto le sue immagini di qualche anno fa, l’ex campione ammette che quando rivede le sue foto torna inevitabilmente indietro nel tempo. “Ripenso a quando a 14 anni ho lasciato i miei genitori dandomi la possibilità di realizzare un sogno. All’epoca dovevi per forza vincere lo scudetto per partecipare alla Coppa dei Campioni. Le difficoltà nascevano già dalla prima partita anche se c’erano delle teste di serie e delle formazioni minori, ma erano comunque le squadre vincitrice dei rispettivi campionati”. Un sogno che Galli ha cominciato a coltivare quando era solo un bambino: “Sono nato a Pisa e arrivo da un quartiere popolare. Finita la scuola ci ritrovavamo nell’unico spazio verde che avevamo a disposizione. Mio padre che era un artigiano ci aveva costruito delle porte e giocavamo lì dalle due fino all’imbrunire quando le mamme cominciavano a chiamarci per andare a studiare“, ricorda oggi Giovanni Galli.
GIOVANNI GALLI: “QUELLO CHE SONO LO DEVO AI MAGAZZINIERI
Nel calcio, Giovanni Galli ha trovato il suo posto in porta. “Hai sempre voluto essere un portiere?”, chiede Caterina Balivo. “No. Quando è cominciata l’avventura ufficiale con la formazione di una squadra, nessuno voleva fare il portiere e, su consiglio di mio padre, ci ho provato e da lì non sono mai uscito. La Fiorentina mi scelse perchè ero bravo a dirigere la difesa e perchè ero bravo a rimettere subito il pallone in gioco dopo averlo recuperato. Quest’ultimo era un particolare che colpì l’osservatore della Fiorentina“, racconta Galli che ha avuto un preparatore del portiere solo quando aveva solo 24 anni. “Quello che sono lo devo alle persone che ti sono vicine e che non vengono mai citate come il magazzinire, il preparatore atletico che adottano un ragazzino che per realizzare il suo sogno è lontano da casa”, aggiunge ancora l’ex portiere. Poi si passa al capitolo sentimentale. “Anna, mia moglie, l’ho conosciuta quando lei aveva 14 anni. Lei che è sempre stata una grande tifosa della Fiorentina veniva a vedere gli allenamenti. Lei aveva il motorino ed io no e pensa che fatica ho fatto a starle dietro. Ora siamo da soli perchè i nostri figli hanno cominciato a camminare sulle loro gambe. Volevamo sposarci nell’estate del 1982, ma quell’anno sono stato convocato dalla Nazionale e fatto sta che abbiamo poi deciso di sposarci il 6 settembre di quell’anno. La domenica ho giocato, il lunedì mi sono sposato e il mercoledì ero in campo a giocare contro il Barcellona di Maradona”, conclude.