30 ANNI DALLA MORTE DI GIOVANNI GORIA: CHI ERA E COSA HA DETTO IL PRESIDENTE MATTARELLA IN SUA MEMORIA
Era il 21 maggio 1994, esattamente trent’anni fa, quando ad Asti moriva Giovanni Goria, uno dei leader della Democrazia Cristiana, già Presidente del Consiglio e più volte Ministro della Repubblica: moriva per una lunga malattia a soli 51 anni, lasciando la politica nel momento di cambiamento epocale fra la “Prima” e la “Seconda” Repubblica. Nel suo trentennale ad Asti lo ha commemorato il Presidente Sergio Mattarella sottolineando la forte personalità politica ed economica per un uomo che seppe anticipare i tempi già negli Anni Ottanta immaginando problematiche e innovazioni della futura Europa.
«Nella brevità della vita che gli è stata concessa, – ha spiegato il Capo dello Stato ricordando il politico Dc – lo statista piemontese ha messo a frutto i talenti di cui fu dotato, in piena aderenza a quei valori che le genti dell’astigiano hanno sempre manifestato». Secondo Mattarella sono senso del limite e umiltà i due valori maggiormente testimoniati da Giovanni Goria lungo la sua precoce carriera sia nella Democrazia Cristiana (iscritto già a 17 anni) che al servizio della Repubblica, prima come onorevole e poi come addirittura Premier. «La coscienza intimamente avvertita del senso del dovere. Il rispetto della dignità delle funzioni che si trovò a ricoprire, nonostante le sofferenze e qualche amarezza che ebbe immeritatamente a subire nell’ultima parte della sua vita», sottolinea ancora il Presidente facendo riferimento agli ultimi anni convulsi, quando si dimise da europarlamentare per accettare l’incarico di Ministro dell’Agricoltura nel nuovo Governo Andreotti (aprile 1991), salvo poi dopo la rielezione nel 1992 come parlamentare della Dc, dimettersi nel 1993 per un coinvolgimento nella vicenda giudiziaria della Cassa di Risparmio di Asti, oltre alle presunte tangenti per l’ospedale astigiano. Entrambe le vicende giudiziarie si conclusero in un niente totale, completa assoluzione: solo che avvennero dopo la morte di Goria, nel frattempo ammalatosi e mancato proprio nel 1994, segnato dal dolore e dalle ingiuste critiche.
IL “PRAGMATISMO” DI GIOVANNI GORIA: IL RICORDO DEL MINISTRO GIORGETTI
Per il Capo dello Stato, Giovanni Goria da puro riformatore rigoroso, seppe svolgere un’onorata carriera e un’opera di vero servitore dello Stato, punto di riferimento «davanti alla sua famiglia, a sua moglie, ai suoi figli, ai suoi nipoti». Pur non avendolo voluto né progettato, conclude Mattarella, Giovanni Goria fu «uomo per tempi difficili». Sebbene non fosse un economista, il lavoro svolto al MEF ne dimostrò la grande capacità di apprendimento, con dedizione inedita nel risanamento economico e nello sviluppo della finanza pubblica. Spingeva per un sistema fiscale meno opprimente e più moderno, contestava il clima da “Tangentopoli” pregressa nella commissione tra giustizia e politica, e seppe intuire come l’epopea dell’Unione Europea valesse la pena investirci tempo, risorse e politiche nuove.
Goria puntava al dialogo con gli altri Paesi per uscire dai canali stretti e ripiegati delle politiche nazionali “stantie”, proponendo invece un dibattito moderno e aperto al futuro: «Di lui ho personalmente apprezzato in molte occasioni, lo spiccato senso pratico, la capacità di andare al cuore dei problemi e l’attitudine a spiegare con grande chiarezza anche le questioni più complesse», così lo ricordava Carlo Azeglio Ciampi nel decennale della morte, nel 2004. A pochi giorni dalla sua nomina a nuovo Ministro dell’Economia, l’attuale n.2 della Lega Giancarlo Giorgetti ebbe a ricordare l’esempio di Giovanni Goria nella guida del Ministero delle Finanze senza essere primariamente un’economista: «In economia io mi fido del mio naso», diceva l’ex Premier democristiano, dando il via all’ironica ma effettiva teoria del “nasometro”, ovvero nient’altro che «buonsenso e pragmatismo». Per Giorgetti, Goria è l’esempio perfetto del buon politico e acuto servitore dello Stato: «niente voli pindarici, niente fumose teorie economiche ma molto pragmatismo. Che è esattamente quello che occorre in una situazione economica e politica piena di incertezze e di incognite».