E’ un salmo, è una canto che si eleva monotono in basiliche e cattedrali vuote, abbandonate dall’uomo: “Basilica lucente, fuochi ardenti piazza San Pietro immota grigio piovigginosa un Papa solitario officia Urbe et orbi”.

Sono parole recitate, preghiera laica se esiste una preghiera laica, perché il cuore dell’uomo è fatto di preghiera, che ne si cosciente o meno. E’ la sua natura, il desiderio di un Amore che non finisca mai.



E’ la malaria del terzo millennio, anzi la “mal’aria”, un’aria cattiva, pestilenziale che il mondo ammorba. Non è solo il coronavirus, anzi. E’ un virus che da secoli era nascosto nel cuore dell’uomo e lo uccideva, piano piano: “quanta tristezza quanta malinconia emoticon i like e pandemia”. E’ canto urgente, che accusa e prende le distanze da un mondo in cui non ci si riconosce più, che ha mentito, ingannato, ucciso il sogno, la promessa, l’ideale, la purezza dei bambini: “impresa teologica oltre che tecnologica la Torre di Babele è in marcia comanda la Finanza esegue la Politica intrattenendo sprazzi di carità e sprazzi di poesia la Torre di Babele accelera psico/bio/d’Io in sintesi farmaceutica”.



E’ il rifiuto, inconcepibile e impossibile da professare, oggigiorno, che tutti siamo incatenati a quel mondo che il profeta Pasolini aveva immaginato. Consumare per vivere, produrre per sopravvivere, e il vuoto tra le mani e nel cuore: “non mi prostro alla Scienza i valorosi chierici, Ordini specialistici dogmi stabiliti in vitro la temo, la rispetto: carne riconoscente spirito in allerta cuore sospetto”. Qualcuno ha frantumato il cuore dell’uomo. C’era una crepa da cui passava la luce, non c’è più: “c’è una frattura originaria, non si ricompone non si riaggiusta in terra chi lo promette mente chi lo progetta terrorizza” Ma alla fine resta la pietà: “per i miseri implora perdono per i deboli implora pietà il cielo e la terra le cose visibili ed invisibili in breve vita, fragile vibrante di mistero, irripetibile”. E si umorizza nel finale citando il canto antico di Vecchio scarpone, memoria di un mondo che era e non è più.



Mal’aria è la nuova canzone di Giovanni Lindo Ferretti, ex icona del punk, della sinistra che scavalcava la sinistra, CCCP e CSI, comunismo come speranza dei lavoratori uniti, oggi eremita nascosto sulle montagne dei suoi nonni e bisnonni da cui lancia occasionalmente anatemi e preghiere, coscienza rifiutata di un mondo in disfacimento. Di sé dice: “Nei borghi, sui monti, dispiace dirlo tra tanto dolore intorno, è il paradiso terrestre ma è come se l’angelo stesse già posizionato sulla porta. La spada non l’ha ancora sguainata. Sono giornate di una dolcezza allibita, d’improvviso una tristezza con connotazioni cosmiche le avviluppa, prepotente l’inquietudine s’addensa e manca l’aria: qualcosa non torna, lo sentono gli animali, lo sento anch’io”.

E guarda la televisione, segue quel che accade nelle metropoli avvolte dal virus assassino, così lontane dalle sue montagne dove arriva solo un’eco dell’urlo di dolore dei morenti abbandonati: “S’addensano livide tonalità: al telegiornale il presidente del consiglio legifera di dinamiche familiari: sì a fugaci saluti ma niente party (!!) in casa, 15 al cimitero ma le chiese ben sigillate. Utenti, pazienti, assistiti, con autocertificazione. Eccitati, rassicurati, protetti, dagli esperti. Nelle mani di un pool, una task force, un breaking for exit fase 2.0….niente party in famiglia mi raccomando”.

Giovanni Lindo Ferretti: l’ultimo eremita, l’ultimo santo, l’ultimo mendicante. “Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?”. (Sal 8,5). “Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo”.