Il compianto segretario della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, aveva quattro figli quando venne assassinato dalle Brigate Rosse, oggi 42 anni fa. L’ultimo si chiama Giovanni, intellettuale e sociologo da sempre alla ricerca della verità sul brutale assassinio del padre. Quando Aldo Moro venne ammazzato dai brigatisti, Giovanni era solo un ragazzo, aveva appena 20 anni, e da quel tremendo 9 maggio del 1978, è come se la sua vita si fosse fermata e cristalizzata ai ricordi che aveva del padre ancora in vita, come ha raccontato spesso e volentieri in numerose interviste seguenti la tragedia. Assieme alla sorella Maria Fida Moro, Giovanni ha realizzato una sorta di “enciclopedia” della vita del padre, con la raccolta dei giornali dell’epoca, interviste, indiscrezioni, notizie varie, per ricostruire l’accaduto e nel contempo, il momento politico in cui è maturato l’omicidio del padre. Oggi il collega del Corriere della Sera, Aldo Cazzullo, ha risposto ad una domanda di un lettore inerente proprio l’omicidio moro, e nel rispondere ha citato proprio il figlio Giovanni: “In questi anni la persona che a mio giudizio ha custodito meglio la memoria di Aldo Moro è suo figlio Giovanni”.



GIOVANNI MORO, FIGLIO DI ALDO: “NON HO ANCORA CAPITO BENE COSA SIA SUCCESSO”

“L’ho intervistato e ho letto i suoi libri – ha proseguito il collega della carta stampata – in sintesi, il suo pensiero è questo. «Pressoché tutti i sequestri organizzati da gruppi terroristi prima e dopo la vicenda Moro (Sossi, Cirillo, Dozier, D’Urso) sono stati risolti in uno dei due modi che furono invece evitati nel caso di mio padre: o attraverso la trattativa, o liberando l’ostaggio». Per il presidente della Dc, sostiene il figlio, non fu fatta né una cosa né l’altra: Moro fu perduto «da una non-decisione», in cui si cumulano l’inerzia e l’inefficienza”. Una posizione, quella di Giovanni, che fu condivisa all’epoca da Francesco Cossiga, ex presidente della repubblica italiana, all’epoca dei fatti ministro dell’interno, e poco dopo presidente del consiglio. Secondo Giovanni, sono ancora tanti, troppi, i misteri che aleggiano attorno alla morte del padre: «Posso dire di non avere ancora capito bene che cosa successe . spiegava poco tempo fa – precisamente attorno al covo di via Gradoli (covo delle Br ndr); di non essere affatto convinto che i terroristi ci abbiano detto tutto (semmai tutto e il suo contrario), e di non accettare che siano loro a decidere che quanto non è noto riguardi solo “particolari irrilevanti”; di essere curioso di conoscere quale ruolo abbiano avuto nel sequestro soggetti rimasti sullo sfondo come il brigatista Senzani o ancora i vari latitanti all’estero; di non essere affatto convinto che i nostri servizi di informazione dell’epoca — per comodità di solito descritti come una specie di Club di Topolino — non siano stati in grado di svolgere una sufficiente attività di intelligence prima, dopo e soprattutto durante il sequestro». Giovanni Moro, classe 1958, è un sociologo, un politico, e il fondatore del movimento Cittadinanza attiva. Ha scritto diversi libri fra cui “Anni settanta”, inerente proprio i torbidi delitti di quei anni che segnarono la storia della nostra repubblica.

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