Giovanni Padovani, il killer di Alessandra Matteuzzi, è stato descritto in questi termini dall’avvocato della famiglia della vittima: “Io ho visto l’indagato nel corso di un’udienza. È esattamente la persona che io avevo già visto e tratteggiato sui giornali: serena, tranquilla, educatissima, collaborativa al massimo con gli organi di polizia. Secondo me si rende conto di quello che ha fatto – è un mio parere – e ho come l’impressione che lui sia felice di avere portato a termine il proprio compito. Null’altro…”.



E, ancora: “Molte persone mi hanno fatto notare che Padovani ha compiuto un delitto efferato e che non può essere così tranquillo, ma io ho risposto che a volte il male è banale, a volte invece può essere nascosto anche dietro la bellezza e l’educazione. Ascoltiamo quindi una sorella che fa la rompiscatole, prestiamo attenzione anche al linguaggio”. (aggiornamento di Alessandro Nidi)



GIOVANNI PADOVANI: “MI SONO SENTITO MANIPOLATO DA ALESSANDRA MATTEUZZI”

Giovanni Padovani ha fatto ricorso al tribunale del Riesame di Bologna contro la misura cautelare del carcere. Lo ha riportato Fanpage, spiegando che l’udienza è fissata per mercoledì prossimo, 14 settembre. L’ex fidanzato di Alessandra Matteuzzi è stato arrestato la sera stessa del femminicidio, il 23 agosto scorso, per aver brutalmente ucciso l’ex fidanzata a martellate, calci e pugni sotto la casa della donna a Bologna. La stessa lo aveva già denunciato per stalking, ma nei confronti dell’uomo non erano ancora scattate restrizioni.



Per la difesa bisognerebbe sostituire la misura cautelare con quella più lieve degli arresti domiciliari nella casa della madre a Senigallia, con l’ausilio del braccialetto elettronico, richiesta che era stata respinta. Per il gip non è possibile accogliere tale richiesta per «l’eccezionale pericolosità e assoluta incontrollabilità o prevedibilità delle azioni» di Giovanni Padovani, oltre che per tutelare i parenti della vittima Alessandra Matteuzzi, «esposti al rischio di ritorsioni o gesti connotati da pari carica aggressiva».

GIOVANNI PADOVANI: “MI SONO SENTITO MANIPOLATO DA ALESSANDRA MATTEUZZI”

Il 27enne, calciatore dilettante, è accusato di omicidio aggravato e stalking, ma non è stata chiesa l’aggravante della premeditazione. Giovanni Padovani ha spiegato di aver portato con sé in auto il martello, ma per «legittima difesa», visto che in passato la sorella di Alessandra e il compagno lo avrebbero minacciato, quest’ultimo pare brandendo «un crick». Non è detto, comunque, che l’aggravante venga richiesta e riconosciuta successivamente, durante l’iter processuale. Lui comunque si autoassolve: «Mi sono sentito nuovamente usato e manipolato da Alessandra». Ai poliziotti ha raccontato di aver scoperto presunti tradimenti della fidanzata e del suo imminente trasferimento in Sicilia, dove avrebbe giocato per la Sancataldese. I due non si sentivano dal 4 agosto, dopo la rottura del 23 luglio scorso. Ma voleva spiegazioni da Alessandra Matteuzzi riguardo il fatto che aveva aggiunto sui social suoi ex compagni di squadra e amici. Quindi, ha dichiarato di aver chiesto un permesso all’allenatore e di aver fatto tappa a Senigallia prima di arrivare a Bologna. Sostiene di aver parlato con Alessandra e che si sono chiariti, tanto che avrebbero concordato di sentirsi tutti i giorni e vedersi ogni due settimane.

GIOVANNI PADOVANI: “MI È PRESO UN RAPTUS DI RABBIA”

I due avrebbero anche trascorso il resto della giornata insieme, ad esempio Alessandra Matteuzzi e Giovanni Padovani sono andati a trovare la mamma di lei in casa di riposo. Poi ci sarebbe stato un rapporto sessuale. «Ci siamo appartati in un posto isolato per strada e abbiamo fatto sesso». Circostanza che, secondo quanto riportato dal Resto del Carlino, la vittima avrebbe confidato alla sorella, dicendosi pentita. Inoltre, le avrebbe chiesto se lo aveva denunciato, tanto che secondo la sorella ha dovuto prestare giuramento sulla tomba del padre. I due comunque si sono lasciati la sera, infatti lui è tornato a Senigallia. Ma quando l’ha chiamata, non ha ottenuto risposta. Quel silenzio era per lui inaccettabile. «Eravamo stati bene, mi sono sentito manipolato», ha detto ai poliziotti. Quindi, la mattina dopo ha preparato lo zaino col martello, ma per difesa, ha precisato lui. Eppure ha lasciato quel martello alle 16 vicino a un cespuglio nel cortile di casa di Alessandra Matteuzzi, è salito sul tetto e l’ha aspettata. Quando l’ha vista è sceso. «Le sono andato incontro, mi sono messo un dito sulla bocca facendole cenno di non parlare. Ma lei urlava e diceva che avevano già chiamato la polizia». A quel punto la situazione è precipitata. «Mi è preso un raptus di rabbia. L’ho colpita in testa, una volta, ma il martello si è subito rotto. Ho afferrato la panchina e l’ho colpita con quella».