Il calvario di Enzo Tortora, il conduttore di Portobello vittima di malagiustizia che fu accusato ingiustamente finendo nelle maglie di un errore giudiziario clamoroso, trovò la sua genesi nelle false testimonianze di alcuni pentiti che lo indicarono come affiliato alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. A innescare l’odissea giudiziaria a carico del presentatore, poi riconosciuto definitivamente innocente nel 1986, furono Giovanni Pandico, Gianni Melluso e Pasquale Barra.



Tre uomini che lo avrebbero incastrato con una tesi infondata poi sfociata in un arresto e in un processo che finì per devastare la vita del presentatore. Soltanto un anno prima della sua morte, avvenuta nel 1988 per un tumore ai polmoni, Enzo Tortora vide finalmente riconosciuta la sua innocenza in via definitiva in un’aula di tribunale. Totalmente estraneo ai fatti che gli furono addebitati da un manipolo di criminali ritenuti inizialmente attendibili da inquirenti e giudici – reati che andavano dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al traffico di stupefacenti – all’esito di un iter giudiziario che segnò la storia del nostro Paese.



Giovanni Pandico, Gianni Melluso e Pasquale Barra i pentiti che accusarono Enzo Tortora ingiustamente

L’inchiesta a carico di Enzo Tortora scattò nel 1983 con le dichiarazioni di Giovanni Pandico detto “‘o pazzo” e Pasquale Barra detto “‘o animale”, ricostruisce Ansa, volti di spicco della Nuova camorra organizzata (Nco) capeggiata dal boss Raffaele Cutolo. In veste di “pentiti” indicarono il conduttore di Portobello come membro dell’associazione criminale dedita al traffico di droga. Il 17 giugno di quell’anno, il presentatore fu arrestato platealmente, con tanto di foto e riprese di lui in manette, in un hotel di Roma.



Alle accuse di Pandico e Barra si sarebbero poi aggiunte quelle di un altro detenuto, Melluso detto “Gianni il Bello” o “Gianni Cha Cha Cha”, come riporta il sito web progettoinnocenti.it. Disse di aver consegnato personalmente stupefacenti al conduttore, ma era tutto falso.

Gianni Melluso dopo la scarcerazione: “Chiedo scusa alla famiglia di Enzo Tortora”

Della sorte dei “pentiti” che fornirono false testimonianze nel caso Enzo Tortora, sappiamo che il camorrista Pasquale Barra “‘o animale” è morto in carcere all’età di 72 anni, nel 2015. Melluso invece sarebbe tornato in libertà nel 2019, a 61 anni, e avrebbe affidato al Corriere della Sera la sua richiesta di perdono ai parenti del conduttore Enzo Tortora. Mi inginocchio e chiedo scusa alla famiglia“, avrebbe detto l’accusatore di Tortora sostenendo di voler incontrare i familiari per “chiedere scusa in ginocchio“. 

La figlia di Enzo Tortora, Gaia, ha commentato così quelle dichiarazioni: “Questo signore si faccia pubblicità in altro modo. Basta con queste trovate, anche la pazienza ha un limite. Certi personaggi andrebbero semplicemente ignorati“. Secondo quanto confessato da Melluso dopo aver ritrattato le accuse mosse al conduttore di Portobello, a costringerlo a dichiarare il falso contro il presentatore Rai sarebbero stati i due camorristi Pandico e Barra e per paura, vista la loro “caratura criminale”, si sarebbe piegato al loro volere.