Un ritorno a casa, nella bellezza languida e preziosa di Palazzo Ducale, inaspettato scrigno per la memoria e il lascito di Albino Luciani, che di Venezia fu patriarca e pastore. Nei giorni scorsi si è celebrato, proprio nella città lagunare, un evento raro per prestigio e concentrazione di idee e contributi, per presentare l’edizione critica di Illustrissimi, le quaranta lettere immaginarie scritte dal futuro Giovanni Paolo I a personaggi della letteratura e della storia, quando era ancora patriarca di Venezia.



Il volume raccoglie una serie di interventi che Luciani aveva pensato per Il Gazzettino, suscitando non poche perplessità e mugugni tra i benpensanti veneti: alla prima edizione del 1976 ne seguì un’altra licenziata con imprimatur papale proprio durante quei 34 giorni di pontificato, troppo spesso liquidati come cerniera tra magisteri più compositi e lunghi, la cui importanza invece, come ricordato dal card. Pietro Parolin, è inversamente proporzionale alla durata. Non encicliche, né tantomeno esortazioni apostoliche, ma un’opera letteraria che oggi, grazie al minuzioso e appassionato lavoro sulle fonti portato avanti per anni da Stefania Falasca, curatrice del volume, permette di gettare uno sguardo più completo sulla personalità di Luciani, sulla genesi del suo lavoro raffinato e popolare insieme, che dialoga a distanza di decenni con le carte e i libri della sua inseparabile biblioteca.

Nella sala del Piovego, infatti, intellettuali e storici hanno analizzato l’officina di quel testo così straordinariamente moderno, mettendo in evidenza come riferimenti culturali, citazioni e scelte stilistiche siano in fondo il frutto delle letture di Albino Luciani, l’inevitabile approdo di una mente curiosa, aperta, brillante e appassionata cresciuta alla scuola dei grandi scrittori britannici come dei classici della letteratura italiana, non estranea alle sollecitazioni che arrivavano da oltreoceano come alle provocazioni dell’imprevedibilità della vita.

Non è un caso che la presentazione in laguna di Illustrissimi seguisse in ordine cronologico la dedicazione proprio a Giovanni Paolo I della sala che ospita i libri della sua biblioteca personale, quelli trascinati come inseparabili e preziosi seguiti, di dimora in dimora, da Luciani e oggi finalmente raccolti e salvati dalla dispersione grazie al lavoro della Fondazione che nel suo nome opera per mantenerne vivi il ricordo e la testimonianza di fede.

In molti hanno sottolineato lo stile colloquiale, la rilevanza della conversazione nell’insegnamento religioso, lo stile adottato dal futuro pontefice nelle sue missive, sorprendenti per umorismo e profondità, rintracciabile poi nei suoi pochi interventi magisteriali. Ma come registra l’analisi critica della Falasca, niente era lasciato all’improvvisazione. Anzi, nell’epistolario affiora tutta la preparazione culturale, teologica, dottrinale e umana di Luciani. A Venezia un raffinato intellettuale come il card. José Tolentino da Mendonça, autore della prefazione alla nuova edizione di Illustrissimi, ma anche della lectio magistralis con cui si è omaggiato Luciani e il suo lavoro letterario, ha sottolineato le assonanze tra San Francesco di Sales e il beato Luciani, inserendo quest’ultimo nella schiera dei grandi santi umoristi, da San Filippo Neri a Thomas More, che seppero convertire non solo con le lacrime, ma anche e soprattutto con il sorriso. Proprio Illustrissimi, pervaso da bonaria ironia, mostra come si possa conversare fuori dal recinto del sacro, “nella pubblica piazza”, senza perdere il respiro della propria anima, quell’ampiezza di visione che viene dall’amore per Dio e per gli uomini.

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