“Ha dimostrato di essere uomo di fede con tutta la sua vita. Nel modo di vivere si è sempre comportato come uomo di Dio. La fede è stata il criterio costante per valutare i fatti, gli avvenimenti, le scelte pastorali e le persone. Diceva che il suo dovere era andare verso Dio, piacere a Lui”. Così monsignor Francesco Taffarel ha definito Albino Luciani (1912-1978), di cui è stato segretario particolare negli anni in cui il futuro Giovanni Paolo I era a capo della diocesi di Vittorio Veneto. Era stata la madre, Bortola Tancon, ad insegnare al piccolo Albino “a mettere Dio al primo posto e a pregare”. È stato così l’incontro con Dio nella preghiera a scandire sempre la sua vita quotidiana, ancor di più quando era vescovo. I momenti salienti della giornata erano “la meditazione al mattino presto, il breviario, la messa, il rosario, la visita in chiesa, la compieta prima di coricarsi la sera. Anche con il clero amava ripetere che dobbiamo lavorare per Dio, senza aspettarci lodi, con spirito di fede”.
Monsignor Taffarel (1936-2014) è ritenuto uno dei più stretti conoscitori, collaboratori e confidenti di Luciani; su di lui ha raccolto e conservato una copiosa mole di documenti. La sua preziosa testimonianza, che risale al 2005, unita a quella di tanti nomi illustri della Chiesa (da Benedetto XVI al patriarca di Venezia Francesco Moraglia, ai cardinali Parolin, Re, Sarah, Scola, Comastri ed altri) fa parte di un volume, Il postino di Dio (a cura di Nicola Scopelliti, Ares 2022) che raccoglie i ricordi personali e i “ritratti” del “Papa del sorriso” di amici, collaboratori e fratelli nell’episcopato. Il titolo del libro, uscito alla vigilia della beatificazione di Luciani, che si svolgerà in piazza San Pietro oggi, 4 settembre, si richiama alla definizione che dava di se stesso, appunto “il postino di Dio”, cioè colui “che porta la Sua parola ai fedeli, dopo averla personalmente assimilata e messa in pratica”. Egli metteva “grande impegno nella predicazione, partendo sempre dal Vangelo”.
La preoccupazione principale dell’allora vescovo di Vittorio Veneto, suffragata dal suo segretario, era quella di far cogliere al suo gregge la bellezza e la profondità dell’esperienza cristiana. “Studiava con impegno la dottrina, meditando ogni mattina con l’aiuto di un grosso prontuario di temi biblici; poi, in ogni occasione la spiegava ai fedeli con esempi efficaci e con un linguaggio catechistico, semplice e accessibile a tutti”. In tal modo “anche le verità più alte e difficili venivano sminuzzate e illustrate per la gente comune con grande bravura. Era un suo carisma particolare e un impegno costante, frutto di una continua fatica per capire e far capire la Parola di Dio”. Per lui era essenziale “saper usare anche i mezzi di comunicazione, in particolare la stampa e la televisione, per far conoscere il Vangelo”. E raccomandava ai suoi parroci “di leggere per aggiornarsi” e persino di “prestare cura nella redazione del bollettino parrocchiale”, primo strumento di evangelizzazione.
Monsignor Luciani, ricorda Taffarel, “metteva totalmente la sua vita nelle mani di Dio”. E negli anni in cui “andava crescendo la contestazione alle istituzioni della Chiesa”, con coraggio e determinazione “a chi gli obiettava che la Chiesa non risponde […] ai problemi contingenti del mondo, rispondeva sicuro che la nostra speranza è in Dio e nell’usare i mezzi che Dio ci ha dato: la preghiera, la Parola di Dio e i sacramenti”.
Dall’animo buono e comprensivo, sua caratteristica era poi trattare “con grande umanità le persone”. Infatti, “le porte del vescovado erano aperte per tutti” e chi era ricevuto mostrava, “uscendo dall’udienza, la soddisfazione e anche la commozione per essere stato capito e ascoltato”. Luciani si distingueva “principalmente per l’umiltà come atteggiamento di fondo, notato e riconosciuto da tutti, e del quale il fulcro erano la pietà e l’unione con Dio”.
Particolare attenzione ebbe sempre per i sacerdoti in cura d’anime. Era loro vicino. “Li conosceva tutti singolarmente. Chi voleva poteva andare a parlargli”. Negli incontri “era amabile, gentile e premuroso, amava anche scherzare, conversava volentieri. Di solito era restio nel fare elogi ai sacerdoti e molto parco nel distribuire titoli onorifici. Chiedeva ai preti di lavorare per l’amor di Dio e diceva spesso: ‘Abbiamo fatto il nostro dovere, siamo servi inutili’ […] Suo criterio di giudizio era il bene delle anime, non imponeva l’obbedienza, ma cercava il consenso e desiderava che il prete andasse convinto. Nelle assemblee del clero era solito ascoltare tutti e non decidere subito e concludeva dicendo che ci avrebbe pensato prima di decidere”. Amabile, ma fermo. Con molta nettezza, “raccomandava ai suoi preti di non pensare a fare carriera, ma a farsi guidare dall’amore di Dio”, l’unica cosa che davvero conta.
Ancora Taffarel: “Era molto frugale nello stile di vita. Raccomandava alle suore di provvedere per il cibo e per la casa senza esprimere esigenze o ricercatezze. Si rimetteva a quanto decidevano […] Usava vestiario e biancheria personale molto ordinaria. La consumava fino in fondo, facendola riaccomodare dalle suore”. Insomma, “non amava il superfluo, né le comodità. Si raccomandava di risparmiare la luce”. E “chiedeva di consumare, al pasto della sera, quanto era rimasto del pranzo”.
Con proprietà, delicatezza e precisione, non mancava di affrontare “i problemi morali della vita coniugale e della castità prematrimoniale”. Dotato di un fine umorismo, “ne parlava con arguzia negli incontri dei giovani, dando indicazioni chiare sul valore della sessualità, la dignità della persona, il ruolo e la dignità della donna”. E chiedeva anche ai sacerdoti “di essere più che prudenti, non solo per il pericolo delle occasioni, ma anche per evitare dicerie e scandali”.
Conclude monsignor Taffarel: il vescovo di Vittorio Veneto, poi patriarca di Venezia e infine Papa per soli 33 giorni, “ha esercitato nella sua vita tutte le virtù cristiane con equilibrio e costanza, con generosità e libertà interiore, con serenità di spirito”.
Sempre dalle edizioni Ares esce anche un altro libro sul prossimo beato, Giocare con Dio. Catechesi senza mitria, che riunisce aforismi, motti, aneddoti e brevi favole, frutto della fantasia e dell’umorismo di Albino Luciani.
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