Attorno a quella tavola, la tavolata dell’Ultima Cena, sto osservando Giuda, “il mio piccolo Giuda”, direbbe forse Cristoddio cercando con lo sguardo Mariasantissina. Ha la borsetta in mano, è schifato un po’ da tutti, gli hanno cucito addosso l’aria da teppistello di borgata: assomiglia al parente screanzato, al cugino cattivo che a Natale viene fatto sedere nell’angolo per non fare bestemmiare la nonna.
È uno sbandato? Chi dei Dodici – “Undici più uno, per cortesia!” puntualizzerebbero volentieri –, potrebbe giurare di non avere mai sbandato rimanendo appresso al Rabbì per tutto quel tempo, per tutto quello stupore? L’appestato è uno dei Dodici a pieno titolo: Cristoddio l’ha scelto lui. E Lui non è uno che vede tutto bello dentro casa sua, non chiude gli occhi alla polvere perché scompaia, non si crede arrivato. “È semplicemente arrivata la mia ora” disse: non è come dire che si pensava arrivato. Anzi: usa i ricordi come fossero picconi. Poi le mani, le ginocchia, il cuore. Il motivo è che “su ogni sgorbio dell’uomo egli vede l’immagine di sé” (P. Mazzolari). Rivede se stesso negli occhi di Giuda.
Oggi (anche) Giuda fa la sua Prima Comunione. Ha fatto tutto come tutto il resto della ciurma: il corso di preparazione, si è presentato agli appuntamenti, ci ha pensato bene se farla o meno. Avrà chiesto ciò che non capiva, o forse avrà abbassato lo sguardo per non mostrarsi rabbuiato. Oppure anche lui, come tutti, avrà fatto del suo meglio per arrivare pronto a questo momento indelebile nella vita di un bambino, anche se avanti nell’età all’anagrafe.
Una cosa non ha fatto: le famigerate prove della Prima Comunione, quelle che si amerà fare in tutte le parrocchie del mondo. “Assolutamente no! Le prove non le farò mai!” avranno sentito rispondersi le mamme dei Dodici da Cristo in persona, tutte agitate che i figli non sbagliassero qualcosina il giorno della Comunione, giusto davanti ai parenti venuti da ogni dove. Nessuna prova in amore! Quel pane minuscolo, per diventare Pane Maiuscolo, ha bisogno di due ingredienti al naturale: il massimo dell’ignoranza (non aver mai fatto quella cosa) più il massimo dello stupore.
Le prove generali, in fatto d’amore, sono la rovina generale: sarebbe come se Lui avesse lavato i piedi dei suoi amici dopo averli avvisati di lavarsi i piedi prima di entrare nel cenacolo. L’amore, per Cristo, è uno sforzo eroico, non un’attrazione turistica.
Eccolo, Giuda: è agitatello, inquieto, frastornato da migliaia di pensieri. Non è facile per nessuno decidersi: non importa per stare da quale parte, non è proprio facile decidersi da che parte stare. È per questo che, in ogni chiesa, ci sono sempre le sedie vicine tra di loro: perché, chi lo vorrà, possa stare seduto su due sedie. Nel cenacolo, no: dodici sedie, più una. Che ognuno si decida.
“Il corpo di Cristo, Giuda” (Amen). E così a tutti e Dodici che, d’improvviso e senza prove, diventano dei tabernacoli ambulanti di Gesù, scolpiti sulla carne come, nei secoli a venire, li scolpiranno nel cirmolo, nel ferro o nel marmo. Tutti, nessuno escluso: Giuda fu uno di quei tabernacoli ambulanti fatti dal Maestro artigiano. Lui rimarrà dentro di loro, di tutti loro: chissà quante volte avrà detto loro di non giudicare per non essere giudicati, d’andare al passo del più debole di loro, di aiutarsi vicendevolmente. Loro a dirgli: “Sì, Maestro, è ovvio”. Per Lui era ovvio che, come quando ci s’inginocchia davanti ad un tabernacolo, così si inginocchiassero tra di loro, vedendosi: “Perché – avrà detto loro – da questo il mondo vi riconoscerà: da come v’inginocchierete gli uni di fronte agli altri”.
Poi, però, appena fatta la Prima Comunione, si dimenticarono tutto: quando Giuda si alzò per andarsene – era pur sempre uno dei tabernacoli con Cristoddio dentro – non solo nessuno s’inginocchiò, ma lo lasciarono andar per i fatti suoi: era pur sempre il cugino screanzato! Non era soltanto era anche tabernacolo di Cristo. Non che dovessero fargli cambiare idea, ma almeno il gesto di alzarsi, e dirgli: “Fratello, noi comunque siamo qui se hai bisogno”. Con la pancia piena si dimenticano tanti propositi, i più belli. Quelli che poi faranno cadere tanti altarini.
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