La pandemia Covid è ufficialmente finita, ma non tutte le questioni attorno al virus sono state risolte. Anzi, è scoppiata una disputa sul più importante database di coronavirus al mondo. Si tratta di Gisaid, originariamente concepito nel 2006 come punto di raccolta dei dati sui geni del virus dell’influenza. Ora è anche il luogo di archiviazione più importante per il coronavirus con 16 milioni di sequenze del genoma di Sars-CoV-2 archiviate. È diventato un tesoro incredibile di dati grazie alla collaborazione degli scienziati di tutto il mondo. Eppure, sono emersi dubbi negli ultimi tempi sulla reale apertura di questa banca dati. Ne parla il giornale tedesco Süddeutsche Zeitung, ricordando che durante la pandemia molti esperti si sono lamentati di non aver avuto accesso ai dati del virus o di averlo avuto solo in misura tale da non poter avviare analisi approfondite. Altri ricercatori, invece, aspettano mesi per ottenere il via libera per scaricare i dati.



Inoltre, da più parti circola voce che non ci sia chiarezza su chi riesca ad ottenere l’accesso ai dati e in quali circostanze. Ci sono ricercatori che riescono a salvare solo mille genomi in una sola volta, altri hanno una capacità più ampia. Alcuni gruppi ricevono informazioni aggiuntive sulle sequenze che però vengono nascoste ad altri team. Le ragioni di tali disparità sono ignote, ma la situazione è così delicata che alcuni ricercatori non vogliono essere nominati apertamente nel timore che Gisaid tolga loro l’accesso. Ma anche i donatori di Gisaid, come la Commissione europea e la Fondazione Rockefeller, si sono lamentati della mancanza di trasparenza, come riporta la rivista scientifica Science.



DUBBI E MISTERI SUL FONDATORE PETER BOGNER

Nel mirino è finito Peter Bogner, il fondatore del database. Inizialmente sconosciuto agli esperti, in quanto lavorava per una società di media e produceva video di sci, secondo Science per alcuni scienziati starebbe usando diverse identità. Accuse che Bogner respinge. Ma la rivista scientifica cita il ricercatore Jeremy Kamil della Louisiana State University Health di Shreveport, il quale ha avuto uno scambio intenso con un dipendente di Gisaid, di nome Steven Meyers, che ritiene però essere proprio Peter Bogner da quando l’ha incontrato. “Non ne ho parlato in quel momento, ma ho avuto l’impressione che per lui fosse chiaro che avevo capito“, ha dichiarato Kamil. Peraltro, in rete ci sono diversi curricula del fondatore di Gisaid i cui dettagli però non corrispondono tra loro. Süddeutsche Zeitung ha anche constatato che ottenere risposte da Gisaid o dallo stesso Bogner è complicato. C’è un “media team” che dovrebbe rispondere via e-mail, ma il giornale tedesco non ha ottenuto riscontro. Poi è riuscito a mettersi in contatto con un uomo che si è qualificato come Bogner, il quale ha richiesto che la conversazione telefonica non venisse né registrata né citata. Inoltre, in una e-mail successiva inviata a SZ ha descritto l’articolo di Science come un “hit job“, espressione che può essere tradotta in modo appropriato come “tentativo di assassinare il personaggio“. Quindi, ha smentito di avere un alter ego e respinto ogni accusa. A fronte delle stranezze finora emerse, perché gli scienziati non usano un altro database? Le opzioni non mancano, potrebbero anche creare una nuova piattaforma. Il problema è convincere tutti i ricercatori a memorizzare i loro dati lì. Non bisogna trascurare poi il fatto che il successo di Gisaid è legato anche alla protezione degli autori.



IL SUCCESSO DI GISAID E LE PROPOSTE PER RENDERE LA PIATTAFORMA PIÙ TRASPARENTE

Anche se ogni utente registrato può visualizzare i dati, prima di poterli usare per le proprie pubblicazioni deve presentare richiesta all’autore e avviare una sorta di collaborazione. In questo modo, Gisaid vuole evitare che i ricercatori di laboratori finanziariamente attrezzati sfruttino i dati di altri, battendo sul tempo i veri creatori dei dati. Quindi, con Gisaid i dati vengono condivisi molto facilmente e, soprattutto, rapidamente, anche grazie alla facilità di archiviazione dei dati. C’è anche un vantaggio tangibile per la salute globale. Lo si evince dal caso dell’influenza: le informazioni sul genoma provenienti da tutto il mondo sono necessarie affinché i vaccini possano essere adattati anno dopo anno ai virus influenzali attualmente in circolazione. Ma l’importanza della condivisione globale dei dati è stata dimostrata anche durante la pandemia Covid, con ogni nuova variante che circolava nel mondo. D’altra parte, gli accordi con gli utenti sono formulati in modo vago. Le lamentele sul controllo degli accessi di Gisaid comunque non sono nuove. Già nel 2021, Science e Nature avevano segnalato problemi con il database. Non sono cadute nel vuoto, visto che qualcosa è cambiato a causa delle crescenti critiche. Basta studiare l’elenco dei consulenti scientifici sul sito web: nelle ultime settimane alcuni nomi sono scomparsi, mentre ne sono comparsi di nuovi. Inoltre, si sta lavorando a sistemi di licenze più flessibili che faciliterebbero l’accesso ai dati. C’è anche la proposta di rilasciare automaticamente i dati archiviati in Gisaid nel dominio pubblico dopo sei mesi, dove sarebbero liberamente disponibili. Ma questa idea non convince Gisaid, secondo cui non sarebbe vantaggiosa per la maggior parte dei ricercatori. Di sicuro, la banca dati perderebbe importanza se i dati sul coronavirus non fossero più esclusivi.