La variante Covid inglese non è più letale, ma più contagiosa. Il problema è che, aumentando il numero degli infetti, cresce pure quello delle persone vulnerabili. A lanciare questo avvertimento è Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e statistica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano. «Ovviamente ci fa stare più attenti», dice all’AdnKronos Salute a proposito della variante Covid scoperta in Gran Bretagna. Il problema non è se inficia il vaccino, perché per riuscirci la mutazione del coronavirus deve essere sostanziale, ma il fatto che «aumentando il numero degli infetti, si aumentano anche le persone fragili che potrebbero esserne colpite, con tutte le conseguenze che sappiamo».
In ogni caso, la variante in questione non rappresenta una novità assoluta per la microbiologa, che cita le decine di mutazioni che sono state individuate finora. Ma finora non è mai stata scoperta una «sostanziale variazione del comportamento del virus», e questo ci può far stare relativamente tranquilli.
GISMONDO “SI LEGA CON PIÙ AVIDITÀ A RECETTORI ACE2”
Questa variante Covid, però, è «strettamente correlata ad una maggiore diffusione del coronavirus». Ciò, chiarisce la dottoressa Maria Rita Gismondo all’AdnKronos Salute, non perché sia più veloce, «ma perché si attacca con più avidità ai recettori Ace2 delle nostre cellule». Per questo motivo la scienziata ritiene che serva attenzione. A proposito dei timori che la variante riesca a resistere ai vaccini anti Covid che sono stati sviluppati finora dalle case farmaceutiche (come quello di Pfizer-Biontech che oggi ha ottenuto l’approvazione in Europa da parte dell’Ema), Maria Rita Gismondo ha spiegato che «teoricamente le mutazioni, da quello che vediamo in altri virus a Una, rappresentano il timore maggiore, ma poiché per i vaccini attualmente sviluppati» contro Covid «i target degli anticorpi stimolati sono molteplici, non dovrebbero esserci sostanziali problemi se uno di questi non dovesse funzionare». Ma ovviamente, conclude l’esperta, «va provato tutto con una ricerca scientifica consolidata».