Di seguito alcune riflessioni da Assisi nelle giornate dei Cristiani in Cammino in preparazione al Giubileo della Speranza 2025 che vedono anche la collaborazione della storica Vera Negri Zamagni, del Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini e dell’economista dell’Università romana di Tor Vergata Leonardo Becchetti.



La crisi del debito nei Paesi del Sud del mondo ha raggiunto livelli allarmanti, minandone la stabilità sociale e politica: secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), infatti, su 68 Paesi a basso reddito analizzati nel corso del 202, nove sono in crisi debitoria e gli altri 51 ad alto rischio; mentre al contempo diciannove di questi Paesi sono costretti ad affrontare spese maggio per sostenere gli interessi sul debito che per l’istruzione ed altri 45 destinano più fondi agli interessi che alla sanità, senza dimenticare che in Africa, il debito estero ha superato il trilione di dollari, con 163 miliardi pagati solo in interessi nel 2024.



Soffermandoci sull’Africa – tuttavia – è interessante porre l’accento sul caso dello Zambia che è stato il primo paese africano ad utilizzare il meccanismo del “Common Framework” del G20, riuscendo a ristrutturare il proprio debito, ma al ‘costo’ di un amento del 60% della povertà: un caso che dimostra come seppur la ristrutturazione sia possibile, spesso avviene al prezzo di un impoverimento drastico e drammatico; con un compromesso che – tanto eticamente, quanto politicamente – pare essere del tutto inaccettabile.

La necessità di riformare le politiche di prestito

Il Fondo monetario internazionale applica sovrattasse ai Paesi più indebitati, con dati che dimostrano che 22 nazioni nel 2023 hanno pagato oltre 2 miliardi di dollari in costi aggiuntivi: somme che – invece di finanziare aspetti cruciali per la crescita come la sanità e l’educazione – servono a coprire i costi operativi dello stesso Fmi; rendendo palese quanto sia urgente eliminare le già citate sovrattasse per evitare di indebolire ulteriormente Paesi che già vertono in condizioni gravi. Inoltre, è necessario rivedere le Analisi di sostenibilità del debito (Dsa), che influenzano profondamente i negoziati di ristrutturazione – basandosi su criteri politici e non neutri – e che dovrebbero procedere verso nuove garanzie di equità e solidarietà.



Un nuovo multilateralismo per la stabilità globale

La crisi del sistema economico globale richiede – inoltre – un rinnovato multilateralismo e nuove istituzioni internazionali: dal 1973 – infatti -, la fine del sistema di Bretton Woods ha reso il dollaro dominante, rendendo l’economia mondiale intrinsecamente instabile; mentre ora è necessario creare un nuovo sistema più equo che non si basi esclusivamente sul deficit degli Stati Uniti per sostenere il commercio globale.

In tal senso – inoltre -, è fondamentale riformare le Nazioni Unite, abolendo il diritto di veto nel Consiglio di sicurezza e istituendo nuove organizzazioni come un’Agenzia internazionale per la gestione degli aiuti e un’Organizzazione mondiale per le migrazioni; mentre la creazione di un’Assemblea parlamentare delle Nazioni unite (Unpa) potrebbe democratizzare la governance globale, dando voce ai popoli e alle società civili.

Come arrivare all’economia con un’anima suggerita da papa Francesco

Soffermandoci ora sulle parole di papa Francesco e in particolare al suo – certamente importante – invito a costruire un’economia “con un’anima”, basata sulla solidarietà e sul bene comune, ci vengono in mentre almeno sei riforme chiave che andrebbero attuate nel minor tempo possibile: la prima (e forse più importante) è ridefinire il valore economico immaginando e creando un nuovo Pil che non si limiti ai valori di mercato, ma includa anche beni relazionali, beni comuni e di cura che sono essenziali per il benessere umano.

Similmente, per un futuro più equo occorre che le imprese lavorino a un nuovo scopo sociale mettendo (almeno parzialmente) da parte l’obiettivo del profitto per valutare anche l’impatto sociale e ambientale del loro operato; il tutto procedendo di pari passo – ed è il terzo punto del nostro ragionamento – con una riforma della finanza per includere nella contabilità finanziaria anche quelle stesse metriche sociali e ambientali al fine di orientare gli investimenti verso il benessere collettivo: Esg (Envoirement, Social, Governance).

Il quarto punto – arrivando a chi la società la governa – non può che essere una nuova governance globale più equa che passa attraverso nuove regole economiche decise dai Governi per promuovere il bene comune, contrastando i predominanti (e ormai dannosi) interessi privati per rendere centrale il benessere collettivo e non più solo quello strettamente economico: un obiettivo al quale dovrebbero competere anche le università con una nuova – ed è il nostro quinto consiglio – ricerca pluralista che includa differenti prospettive – tra cui quelle sociali più volte citate nei nostri ragionamenti – per immaginare e rendere possibile un’economia più giusta e attenta a ogni cittadino. Il tutto arrivando infine a uno sviluppo umano integrale perché se – come detto prima, ma anche come evidenziato nell’enciclica Laudato Si’ del nostro Pontefice – il vero sviluppo non si misura solo con la crescita economica, allora serve anche una maggiore attenzione al miglioramento della qualità della vita e della libertà delle persone.

La forza della cultura e della speranza per un mondo economicamente più equo

Avviandoci verso la fine del nostro lungo ragionamento, non possiamo che sottolineare che le culture giocano un ruolo cruciale nel determinare i risultati economici: una società basata sulla cooperazione – infatti – produce esiti diversi rispetto a quella attualmente fondata sull’individualismo, e visto che papa Francesco avverte del (qualcuno direbbe imminente) pericolo di cedere all’utopia o alla rassegnazione, sembra evidente che questo è il momento storico in cui diventa fondamentale affrontare le sfide affidandosi al realismo e – forse soprattutto – alla speranza, consapevoli che una nuova economia equa è possibile, purché si lavori tutti a questo imprescindibile fine, governando anche la crescente sfida degli algoritmi AI.

Tirando le – ormai ovvie – conclusioni: questo bambino che sta per nascere, il Giubileo del 2025 che si aprirà ufficialmente a ore rappresenta un’opportunità unica per ripensare al nostro sistema economico, costruendolo (o ricostruendolo) affinché sia più giusto ed equo; il tutto – sarà ormai chiaro – solamente grazie a una profonda e ampia, oltre che coraggiosa, riforma che si basi innanzitutto sulla fraternità per affrontare veramente le sfide del nostro tempo e garantire un futuro di pace e giustizia per tutti.

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