Ancora una volta un giudice inglese ha deciso che “il miglior interesse” è che il paziente venga fatto morire. E’ ormai diventata triste abitudine dei tribunali inglesi, dopo il ben noto caso del bambino Charlie Gard e altri che scatenarono polemiche nel mondo intero, che i giudici si arrogano il diritto di decidere di vita o di morte nei confronti di pazienti giudicati “inguaribili”. Il problema è che si tratta di decisioni molto affrettate, quando si sono registrati tantissimi casi di pazienti in coma che sono usciti anche dopo anni dallo stato vegetativo. Ma non è solo questo: la medicina ha come scopo primario la salvaguardia della vita, non la morte, e lasciare che la scienza medica venga messa nelle mani di un giudice è qualcosa che spaventa. Terza cosa: la volontà della famiglia non viene mai tenuta di conto.



Il caso in questione vede protagonista una donna musulmana di trent’anni residente con la sua famiglia nel Regno Unito che si è ammalata di Covid mentre stava per partorire. E’ riuscita a far nascere il figlio un mese fa poi le sue condizioni sono peggiorate e si trova in coma indotto. I responsabili dell’ospedale di Leicester si sono rivolti a un tribunale dopo aver detto di aver fatto tutto il possibile ma che la donna non ha possibilità di recuperare. Nel corso di un’udienza tramite Internet (senza neanche vedere di persona cosa stia succedendo) un giudice ha sentenziato nel classico modo usato ogni volta in queste situazioni che per la donna “il miglior interesse” sia porre fine alla sua vita. Tutto questo mentre il marito e la sorella della donna chiedono che sia mantenuta in vita perché “solo Dio può porre fine a una vita”. Il giudice ha detto che le prove hanno dimostrato che i medici non preservavano più la vita della donna, ma ne prolungavano la morte. Ha concluso che porre fine al trattamento sarebbe stato nel suo migliore interesse e ha detto che le dovrebbe essere permesso di morire con dignità. Il giudice Hayden ha detto che “la vita e le speranze” della donna sono state estinte da “questo virus insidioso” e una giovane famiglia “si è divisa prematuramente”. “Questa famiglia sta cercando un miracolo“, ha detto. Esatto: chi è un giudice per negare la possibilità di un miracolo? E comunque negare il diritto alla vita, che si esprime anche in questi modi dolorosi? Sofferente del morbo di Addison (una malattia cronica del sistema endocrino caratterizzata da una serie di sintomi relativamente non specifici, come dolore addominale e debolezza, ma in determinate circostanze, questi possono evolversi con attacchi acuti gravi che possono comportare una severa ipotensione e il coma), colpita dal Covid era stata portata in ospedale dove è stata fatta partire con taglio cesareo alla 32esima settimana. Subito dopo il pancreas e un polmone hanno cessato di funzionare. Ha commentato la sorella della donna: “Siamo musulmani, crediamo nei miracoli. Quando Dio avrà deciso la nostra morte, allora moriremo. Scollegare la macchina che la tiene in vita, per noi è come chiedere a qualcuno di ucciderci”.

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