Nella notte tra l’1 e il 2 dicembre, l’Assemblea nazionale francese ha adottato in prima lettura la proposta di legge del deputato Aurélien Pradié (LR), tesa alla creazione di un giudice per la violenza domestica. Qualora venisse confermato dal Senato, questo testo, non sostenuto dal governo, modificherebbe profondamente la vita dei tribunali. Di fatto, tale giudice diventerebbe l’unico interlocutore della vittima, mentre oggi quest’ultima deve prima rivolgersi al giudice penale – che gestisce la denuncia e persegue il presunto colpevole – e poi al giudice civile, per organizzare la separazione della coppia.



D’ora in poi, solo il giudice penale per la violenza domestica potrà decidere sull’intera questione e sarà anche responsabile del seguito giudiziario del colpevole. Come ha sottolineato il quotidiano “La Croix”, si assisterà a una profonda riforma della giustizia transalpina, che dovrebbe contribuire a contenere il numero dei femminicidi. In tal senso, Floriante Volt, della “Fondazione delle donne”, ha asserito: “Oggi il processo giudiziario è molto scoraggiante. Semplificarlo è essenziale per le vittime che arrivano in tribunale molto indebolite, avendo talvolta perso tutto – il lavoro, la casa – e che devono proteggere i propri figli”.



GIUDICE PER LA VIOLENZA DOMESTICA: SECONDO ALCUNI “NON BASTA”

L’istituzione di un giudice per la violenza domestica non basta, a giudizio del “Syndicat de la magistrature”: la riforma deve essere imperniata sul giudice civile, “che è quello della prevenzione, e non sul giudice penale, “che è quello della repressione”, ha spiegato Kim Reufl, il suo presidente, aggiungendo che “in questa fase, solo il giudice penale è riarmato. Ciò significa che dobbiamo aspettare che i colpi cadano prima di intervenire. Non si pensa alla prevenzione”.



Un ex giudice del tribunale di famiglia, ancora su “La Croix”, ha sottolineato le carenze del giudice per la violenza domestica: “L’obbligo di informare le vittime dell’uscita dal carcere del coniuge violento si scontra con difficoltà pratiche, perché i giudici responsabili dell’esecuzione delle sentenze non dispongono dei dati di contatto della vittima. Per non parlare dei braccialetti elettronici: essi suonano quando chi li indossa si avvicina a un raggio di un chilometro dalla persona protetta. Ma questo è molto comune in una città come Parigi, anche senza intento fraudolento”.