La sera dell’11 novembre scorso, quando Giulia Cecchettin è scomparsa, un testimone ha sentito un litigio tra una coppia di giovani in un parcheggio a circa 150 metri dall’abitazione della ragazza a Vigonovo (Venezia). Erano le 23:18 quando, sentite le urla di una donna, l’uomo ha chiamato i carabinieri per segnalare l’episodio parlando di un ragazzo e una ragazza poi allontanatisi a bordo di una Fiat Grande Punto scura. La lite sarebbe stata così accesa da preoccuparlo e spingerlo a coinvolgere le forze dell’ordine, alle quali ha parlato di un individuo intento a “calciare violentemente una sagoma che si trovava a terra”.
Lo stesso testimone, il giorno dopo la sparizione della 22enne e dell’ex fidanzato Filippo Turetta, dopo aver letto un appello social della sorella di Giulia Cecchettin ha contattato la famiglia e ha incontrato il padre della ragazza, informandolo di quel litigio al quale aveva assistito la sera precedente e che aveva già esposto ai militari. A quel punto il papà di Giulia Cecchettin, dopo la denuncia di scomparsa, sarebbe tornato in caserma per riferire di quel racconto e soltanto allora, come confermato dall’Arma in una nota in risposta a Chi l’ha visto?, i carabinieri avrebbero collegato i due fatti. “Ho visto… sì, ho sentito urlare nel parcheggio di fronte a casa mia – ha dichiarato il testimone alla trasmissione di Federica Sciarelli –. In quel momento ho capito che sicuramente c’era un litigio, ho avuto paura e ho chiamato i carabinieri“. Quella notte, però, non sarebbe stata mandata alcuna auto per verificare la segnalazione.
Giulia Cecchettin: l’aggressione mortale in due fasi, così avrebbe agito Filippo Turetta
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’aggressione mortale ai danni di Giulia Cecchettin si sarebbe consumata in due fasi. Filippo Turetta avrebbe agito in due tempi – non è ancora chiaro se nel contesto di un omicidio premeditato -: il primo nel parcheggio a circa 150 metri dall’abitazione della vittima (come aveva denunciato tempestivamente il testimone) e il secondo, a distanza di 22 minuti, nella zona industriale di Fossò. È qui che la telecamera di uno stabilimento avrebbe ripreso le atroci sequenze della violenza sulla giovane studentessa, colpita ripetutamente anche mentre era a terra e poi caricata in macchina, esanime e sanguinante, prima che iniziasse la fuga di Turetta lunga 7 giorni.
Secondo quanto descritto a Chi l’ha visto? da un testimone de relato – che avrebbe raccolto le confidenze di una persona che ha visto quel terribile filmato – in quel momento Giulia Cecchettin non avrebbe potuto più urlare per chiedere aiuto in quanto la sua bocca sarebbe stata chiusa con dello scotch dal suo aggressore. Lo stesso reperto che ora, nel quadro delle accuse a carico di Filippo Turetta, costituirebbe uno degli elementi potenzialmente capaci di delineare l’aggravante della premeditazione intorno alla posizione dell’indagato.