Oltre sette anni dall’ultimo incontro con Giulia Daici almeno a livello discografico.  Se in altra epoca si usava dire di un “lungo silenzio” per salutare l’agognato ritorno, nell’era dell’agilità social il silenzio fa un po’ più rumore di quello che un tempo sembrava una sospensione perlopiù sconosciuta e ignota.  Anni nei quali la cantautrice friulana ha condiviso con discrezione momenti di musica e soprattutto di vita.  Da piccole rassegne a livello locale, in lingua e non, ai momenti di festa e insieme di svolta come il matrimonio e la maternità.  Di questo silenzio pieno di condivisione, immagini essenziali e colori a sottolineare eventi sui quali permane sempre quell’estremo alone di imperscrutabile, viene data ragione in un disco che è la scansione quotidiana di questo lungo itinerario.  A coordinare il tutto l’apporto intelligente ed essenziale del marito nonché alter ego artistico Simone Rizzi (arrangiatore, coproduttore e polistrumentista).



Ancora Bianca”  è questo diario-non diario che oltrepassa la cronaca e sconfina nell’universale, quasi uno scoprirsi addosso una nuova consistenza alla fine di un viaggio senza averne realizzato appieno i singoli momenti che lo hanno segnato.  Forse è anche per questo che la Daici appare nelle foto del disco in abito da sposa, quasi a voler sottolineare quel perenne e indecifrabile senso di attesa che riempie il presentimento di una svolta esistenziale sempre dietro l’angolo.



Ne escono canzoni che dal pop dell’esordio “E Poi Vivere” a quello colorito di piccole lande folk di “Tal Cil des Acuilis”, agganciano un’ideale personalizzazione di riferimenti vecchi e nuovi della migliore espressione confidenziale d’autore, in primis del panorama internazionale senza disdegnare la bellezza della pura e lineare melodia italiana che taglia più generazioni.  Canzoni di ampio respiro e a più livelli di lettura con un ipotetico interlocutore nel quale il volto del compagno di vita e dei figli, sembrano essere un continuo e inesauribile riflesso di un mistero che li fa vivere continuamente.  



Cosa che è evidente sin da subito nell’apertura di E tu ci sei.  Piano, voce, corde discrete, vagiti del terzetto d’archi compongono una ninna nanna allegorica che segna nascita e presa in cura di una nuova creatura.  Quasi un suggerimento che la vita cambia per l’energia implacabile dell’arrivo di altra vita.
E che prosegue nell’eponima Ancora bianca, minimo comun denominatore tematico della tensione al bene che nel paesaggio umano può fare la differenza.  Qui il pop rock dell’autrice svolta sulle ali della personalizzazione dei propri mentori.  Refrain con tanto di riverbero e gorgheggi che ammiccano alla Leigh Nash dei Sixpence None The Richer, scrittura melodica matura, solida e senza sbavature.  L’acqua e il mare con i suoi birignao e dolci acuti ancora in quota Nash, è un altro piccolo gioiello di scrittura.  Così come le sequenze etno-pop della melodicamente efficace E poi ti accorgi che.
Come inizio non si potrebbe chiedere di meglio ma ecco che Da qualche parte nell’universo ci porta nei meandri della ballata in senso proprio, un’alzata di scudi con tanto di crescendo pop-rock finale prima di tornare all’intimità iniziale.  E’ il momento di apoteosi di un disco che rende appassionante quel dialogo incessante con un interlocutore nel quale l’amore per il volto concreto è riflesso ideale di Dio. 

E mentre E intanto nevica ne rileva il tenore musicale mischiandolo a certa ariosità anni ’80, Respirare (in fondo è semplice) cerca di tenere l’ascoltatore attaccato a questa scoperta dell’altro mondo, in un clima sospeso tra gorgheggi, candore timbrico della protagonista e appoggio lucente degli archi.  Il sole di marzo segue il tutto tematicamente segnando quella primavera che già emergeva immaginaria come stato dell’anima presente nella canzone invernale.

Voce anticipa la fine con parole che agganciando l’invocazione alla Santa Madre, sono punto di arrivo di un cammino che contiene in ciascun frangente un pezzetto di quella che è una preghiera che prende forma compiuta con i gesti che segnano i momenti di vita.  In questo contesto la riflessione notturna di Oltre il mondo (l’attesa) raduna tutto quello che l’ha preceduta e ogni punto di quello che la vita potrebbe portare come possibilità sempre aperta, come un’esistenza che contiene già una preesistenza.