È arrivata una nuova – a questo punto, purtroppo, l’ultima – battuta d’arresto nella ricerca di giustizia di mamma Nadia per la morte di sua figlia Giulia Minola, coinvolta in quella che nel 2010 venne definita una vera e propria (seppur involontaria) strage: dopo anni di battaglie legali tra la Germania e l’Italia, l’ultima pagina di questa triste vicenda doveva essere scritta dalla Corte europea dei diritti dall’uomo – la famosa Cedu – che aveva accolto l’ultimo ricorso legalmente possibile avanzato da Nadia Zanacchi già nel 2020 al culmine di diverse archiviazioni e proscioglimenti per chi ha causato (lo ripetiamo: seppur indirettamente) la morte di Giulia Minola.



Tornando un attimo indietro nel tempo prima di arrivare al parere della Cedu, è bene ricordare che la vicenda di Giulia Minola afferisce alla tragica vicenda della LoveParade che nel 2010 si tenne nella città tedesca di Duisburg: si trattava di uno degli eventi techno più importanti di quella stagione che raccolse quasi 2 milioni di giovani provenienti da tutto il mondo seppur la capienza massima stimata dagli organizzatori era di soli 250mila persone



Inutile dire che l’evento si trasformò in una vera e propria tragedia quando – per ragioni mai veramente chiarite – si creò un’enorme calca davanti all’unica via d’uscita (l’imbocco di un piccolo tunnel) per l’arena della LoveParade: complessivamente rimasero coinvolte 652 persone con varie tipologie di ferite, mentre i morti furono addirittura 21, tra i quali la 21enne bresciana Giulia Minola era l’unica italiana.

Tutta la vicenda processuale dietro alla morte di Giulia Minola, la madre: “Ora è arrivato il momento di accettare la sconfitta”

Da quel momento la madre di Giulia Minola ha promesso di combattere per riuscire ad avere giustizia per la morte della figlia, aprendo ad una lunghissima trafila di processi che sono iniziati nell’ormai lontano 2017: l’8 dicembre – infatti – finirono sul banco degli imputati 10 soggetti tra gli organizzatori del festival e il personale del Comune di Duisburg; arrivando ad una prima battuta di arresto due anni più tardi con la richiesta di archiviazione per sette degli indagati. 



Contestualmente sui 21 morti tra cui anche la 21enne bresciana è stato aperto il processo d’appello in quel di Dusseldorf, ma dopo ben 183 differenti udienze il tutto si è concluso con un nulla di fatto: da qui la decisione di mamma Nadia di rivolgersi alla Corte europea non riuscendo ad accettare il pensiero che “chi ha cagionato la morte di 21 ragazzi resti impunito”; ma di fatto anche la Cedu ha respinto l’ipotesi delittuosa ed oggi – amaramente – la madre di Giulia Minola ammette che “è arrivato il momento di fermarsi” digerendo a forza “un boccone amaro” che non pensava avrebbe mai dovuto affrontare.