Oltre ad avere una doppia personalità, Alessandro Impagnatiello aveva anche un alias. Gli serviva per comprare una bottiglia da un litro di cloroformio stabilizzato con amilene che avrebbe usato per tentare di avvelenare la compagna incinta Giulia Tramontano, poi uccisa con 37 coltellate. Il barman dell’Armani Cafè aveva usato un altro nome, ma lo stesso indirizzo di residenza di Senago e il suo account Paypal, durante una pausa dal lavoro. Dunque, alla ditta aveva fornito il suo alter ego e una e-mail creata appositamente e salvata sul telefono, insieme alla password. Il corriere ovviamente non trovò nessun Andrea Valdi all’indirizzo indicato, quindi lui si presentò alla Gls di Paderno Dugnano per ritirare il pacco. Quel cloroformio, sequestrato dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, sarebbe stato usato almeno una volta, stando ad un messaggio di Giulia Tramontano del 20 maggio.



Ho dormito molto male e mi sento drogata“, disse al compagno, stando a quanto riportato da Repubblica, secondo cui gli accertamenti della sezione Omicidi, guidata dal colonnello Pantaleo Cataldo e coordinata dalla pm Alessia Menegazzo e dall’aggiunta Letizia Mannella, sono alle battute finali. A quel cloroformio Alessandro Impagnatiello pensava almeno dal 5 febbraio, quando la fidanzata Giulia Tramontano gli aveva comunicato che non avrebbe abortito anche se aveva scoperto il tradimento. Ma pare che a quella data, dopo aver provato col topicida, il barman aveva già fatto un tentativo. La ragazza ne aveva parlato con la madre il 9 dicembre 2022, un mese dopo aver scoperto di essere incinta: “L’acqua che abbiamo preso puzza terribilmente di ammoniaca“.



OMICIDIO GIULIA TRAMONTANO: L’IPOTESI SUL MOVENTE

Nel fascicolo in procura ci sono anche i frame che documentano l’incontro tra Giulia Tramontano e la ragazza con cui veniva tradita. Si tratta dell’ultima immagine in vita della ragazza. L’indagine, stando a quanto riportato da Repubblica, ha dissolto ogni sospetto sulla complicità dei familiari di Alessandro Impagnatiello. A partire dalla madre, ma è escluso anche il fratello Omar. Anzi, fu il primo ad essere sfiorato dal sospetto la notte della denuncia della scomparsa di Giulia Tramontano ai carabinieri di Senago: “Ricordo che il comandante ha chiesto a mio fratello se avesse box e cantina e sentivo che Alessandro rispondeva di aver solo una cantina“, raccontò a fine giugno in caserma.



Quella del barman era una bugia, giustificata goffamente: ci nascondeva marijuana e attrezzatura per coltivarla. Omar gli diede retta. Da lui arriva anche una prima ipotesi sul movente dell’omicidio: soldi. In particolare, i progetti economici che stentavano a decollare ed erano messi a rischio anche dalla gravidanza, quindi le liti e le prospettive di pagare gli alimenti, come faceva già con la madre del primo figlio. Lo ha spiegato anche Chiara Tramontano, sorella della vittima, ai carabinieri: l’arrivo di Thiago “sarebbe stato d’intralcio alla sua ambizione lavorativa: voleva fare degli investimenti immobiliari e consapevole delle spese che poteva portare un bambino, non era d’accordo di averlo“.