La difesa dell’imputato Alessandro Impagnatiello, a processo per l’omicidio della compagna incinta al settimo mese Giulia Tramontano, sostiene che il giovane fosse in preda a un “blackout” mentale al momento del delitto. Una carta, quella della parziale incapacità di intendere e di volere, che sarebbe parte della strategia difensiva per evitargli l’ergastolo. Il 27 maggio 2023, l’ex barman 30enne avrebbe ucciso la ragazza con 37 coltellate nella loro casa di Senago, in provincia di Milano, secondo l’accusa per impedire il crollo di un doppio gioco iniziato molto tempo prima con l’avvio di una relazione parallela con un’altra donna che la vittima, poche prima di essere assassinata, aveva incontrato per un chiarimento definitivo che avrebbe portato alla rottura e all’infrangersi della sua doppia vita.
Stando alla ricostruzione degli inquirenti, Alessandro Impagnatiello, già padre di un bambino frutto di una passata relazione, avrebbe premeditato tutto e avrebbe portato avanti un piano subdolo per disfarsi di Giulia Tramontano e del loro bimbo che portava in grembo, Thiago, la cui nascita sarebbe dovuta avvenire poche settimane più tardi. Per farlo, avrebbe cercato su Internet come avvelenare una donna in gravidanza e come uccidere un feto, arrivando ad acquistare del veleno per topi che avrebbe somministrato alla compagna per mesi, a sua insaputa, senza però riuscire nel suo intento. Giulia Tramontano avrebbe confidato alla famiglia di percepire un sapore amaro nelle bevande che consumava, ma non avrebbe mai intuito di essere sottoposta ad un progressivo avvelenamento con il topicida. Impagnatiello, come proverebbe il video del gender reveal in famiglia poche settimane prima del delitto, avrebbe mascherato tutto dietro un falso entusiasmo per l’imminente arrivo del figlio. Festeggiava con amici e parenti insieme a Giulia, ricostruiscono le carte investigative, mentre dietro le quinte di quella serenità apparente la stava già avvelenando. Per tentare di scardinare il quadro della premeditazione, che lo condurrebbe al “fine pena mai”, i difensori avrebbero prodotto una consulenza nella quale emergerebbe uno stato mentale “oscurato” al momento dell’omicidio.
La consulenza della difesa parlerebbe di “blackout mentale” al momento del delitto e di “disturbo ossessivo e paranoide dovuto al forte narcisismo”
Secondo quanto riporta Ore 14, gli esperti incaricati dalla difesa di Alessandro Impagnatiello, rappesentata dai legali Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, avrebbero prodotto una consulenza, depositata alla Corte d’Assise di Milano dove si celebra il processo a carico del 30enne per l’omicidio di Giulia Tramontano, nella quale l’imputato verrebbe descritto come un soggetto che avrebbe agito in preda a un “blackout” mentale derivato da un “disturbo ossessivo e paranoide della personalità” legato al suo “forte narcisismo”.
Si tratterebbe dei passaggi salienti del lavoro dei consulenti di parte, ora al vaglio dei giudici, che per la difesa è in grado di sostenere la richiesta di una perizia psichiatrica volta ad accertare la sussistenza di un vizio di mente nell’imputato. Impagnatiello è alla sbarra per rispondere di omicidio volontario aggravato e rischierebbe l’ergastolo se venisse riconosciuto totalmente capace di intendere e volere. Per l’accusa, avrebbe agito con premeditazione e non avrebbe dato scampo alla compagna, aggredendola alle spalle con ferocia e infierendo con decine di coltellate prima di tentare di cancellare ogni traccia con il fuoco. Per due volte, prima nella vasca da bagno e poi in garage, avrebbe tentato di bruciare completamente il cadavere prima di trasportarlo e abbandonarlo nel luogo in cui, diversi giorni dopo la scomparsa, sarebbe stato ritrovato. Dall’autopsia sarebbe emerso il quadro di un delitto efferato nel quale la vittima non avrebbe avuto il tempo di reagire né di urlare, essendo stata raggiunta alla laringe da una coltellata. Sarebbe stata colpita alle spalle e non sarebbe riuscita a difendersi. La sua morte sarebbe avvenuta prima di quella del feto, quest’ultimo deceduto a seguito della severa emorragia materna che avrebbe causato una fatale “insufficienza vascolare”. Tre ferite da taglio sul volto della 29enne risulterebbero compatibili con un vano tentativo di girarsi verso il suo assassino.