Alessandro Impagnatiello in aula per la prima udienza del processo che lo vede imputato dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano, 29enne assassinata a Senago (Milano) mentre era incinta al settimo mese di gravidanza. L’ex barman 30enne avrebbe pianto per alcuni istanti, riporta Ansa, prima che il dibattimento venisse spostato nella maxiaula della Corte d’Assise del capoluogo lombardo a causa delle troppe persone presenti.
In aula anche i familiari della vittima, il padre Franco, la madre Loredana, il fratello Mario e la sorella Chiara Tramontano il cui legale, Giovanni Cacciapuoti, ha sollecitato l’ergastolo: “È la condanna che merita“, avrebbe dichiarato l’avvocato. La famiglia di Giulia Tramontano avrebbe incaricato due psichiatri in qualità di consulenti nel caso in cui la Corte, su istanza della difesa di Alessandro Impagnatiello, disponga una perizia psichiatrica per l’accertamento di un eventuale vizio di mente. Se venisse riconosciuta una incapacità di intendere e di volere, totale o parziale, l’imputato potrebbe evitare la massima pena. Il giovane arriva alla sbarra con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione (avrebbe tentato di avvelenare la fidanzata e il loro bimbo che portava in grembo somministrandole del topicida per mesi prima di accoltellarla), dalla crudeltà, dai futili motivi e dal rapporto di convivenza.
Alessandro Impagnatiello a processo per l’omicidio di Giulia Tramontano
Sguardo basso e barba, un’immagine completamente diversa da quella con cui era finito sulle cronache dopo la morte della compagna 29enne incinta al settimo mese, Giulia Tramontano: oggi Alessandro Impagnatiello non sorride più a favore di obiettivo come faceva un tempo, quando preparava cocktail come barman in un hotel di lusso della Milano bene, ma avrebbe versato alcune lacrime dietro le sbarre della gabbia in Corte d’Assise a ridosso dell’avvio del processo che lo vede imputato dell’atroce delitto.
Reo confesso, secondo l’accusa avrebbe ucciso la fidanzata con 37 coltellate il 27 maggio scorso nella loro casa di Senago, ma da mesi avrebbe tentato di portare a termine un piano per disfarsi di lei e del loro bimbo che portava in grembo, Thiago con lo scopo di rifarsi una vita con un’altra. Il 30enne, detenuto a San Vittore, è anche imputato per interruzione di gravidanza non consensuale e per occultamento di cadavere. Il Comune di Senago ha chiesto di essere parte civile, rappresentato dall’avvocato Antonio Ingroia che così ha commentato la decisione: “È una scelta importante e coraggiosa, i cittadini di Senago sanno da che parte stare, si vuole incoraggiare tutti i Comuni di Italia a dimostrare che si sta dalla parte giusta“. Il legale, ex pm, ha parlato di “premeditazione lucida e spietata, un esempio di brutalità“.