Alessandro Impagnatiello, in carcere con l’accusa di aver ucciso la compagna Giulia Tramontano incinta al settimo mese di gravidanza, non avrebbe fornito indicazioni precise per consentire il ritrovamento del cellulare della vittima. Il 30enne, indagato per il delitto commesso nella loro casa di Senago (Milano) il 27 maggio scorso, si sarebbe chiuso nel silenzio dopo aver detto di averlo gettato in un tombino insieme ai documenti della 29enne, questi ultimi effettivamente rinvenuti dagli inquirenti qualche giorno dopo l’arresto. L’ipotesi che il telefonino di Giulia Tramontano sia stato distrutto dal compagno non ha abbandonato la scena investigativa, ma le ricerche continuano nella speranza di individuarlo e sottoporlo ad accertamenti tecnici.



L’analisi del dispositivo potrebbe restituire tasselli fondamentali alla ricostruzione del caso, soprattutto in merito al rapporto di coppia negli ultimi mesi e giorni prima dell’omicidio. Al momento, sarebbe uno dei tasselli chiave che mancano all’appello sul tavolo di chi indaga e Impagnatiello non collabora. Nei giorni scorsi, l’autopsia sul corpo di Giulia Tramontano ha fotografato l’anatomia di un agguato efferato che non le avrebbe dato scampo. Secondo la ricostruzione all’esito dei primi rilievi, la 29enne sarebbe stata colpita con almeno 37 coltellate di cui 2 fatali. I fendenti l’avrebbero raggiunta anzitutto alle spalle e avrebbero interessato principalmente la parte alta del corpo compreso il volto. Occorrerà ancora del tempo per conoscere il risultato degli esami tossicologici utili a capire se alla vittima sia stata somministrata qualche sostanza prima del delitto (nella fattispecie, se sia stata avvelenata con il topicida trovato nelle disponibilità di Impagnatiello).



Omicidio Giulia Tramontano: il nodo premeditazione e crudeltà che potrebbe aggravare la posizione di Impagnatiello

Le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, escluse dal gip di Milano nella convalida del fermo per omicidio volontario aggravato da futili motivi e vincolo di convivenza con la vittima, sono due dei cardini su cui punta la Procura e potrebbero tornare con prepotenza nello spettro di contestazioni a carico di Alessandro Impagnatiello. Questo alla luce delle risultanze delle indagini sia per quanto riguarda le presunte ricerche online condotte dall’indagato prima del delitto (su come cancellare tracce di sangue e di bruciature) sia per ciò che attiene alle modalità di esecuzione dello stesso. Al momento, dall’autopsia sarebbe emersa l’istantanea di un’aggressione brutale portata avanti con decine di coltellate (almeno 37, forse 40 secondo le indiscrezioni), ma non è chiaro se l’azione omicidiaria si sia sviluppata con così tanti fendenti in rapida successione per “inesperienza” dell’assassino (ciò che si direbbe “colpire alla cieca”) o per una precisa volontà di infliggere quanta più sofferenza possibile alla vittima.



Uno dei nodi insoluti è l’epoca della morte, che sarebbe impossibile da inquadrare a causa dell’importante estensione delle ustioni sul cadavere provocate dal doppio tentativo di bruciarlo da parte di Impagnatiello. Per gli inquirenti, l’uso del fuoco sarebbe parte di un piano premeditato la cui ultima fase, quella del depistaggio, sarebbe dovuta servire all’indagato per scampare alla giustizia. Da chiarire, su questo punto, se Impagnatiello abbia comprato alcol e benzina allo scopo di concludere l’omicidio. Il 30enne potrebbe aver dato alle fiamme il corpo della compagna come gesto di ultimo, estremo oltraggio e per rallentarne il riconoscimento. Azione che si sarebbe però rivelata tanto maldestra quanto inefficace a permettergli di disfarsi di ogni traccia del delitto e alterare irreversibilmente la scena del crimine. A dare un ulteriore contributo alle indagini sarannoa anche i risultati degli esami condotti sul piccolo Thiago, il bimbo che Giulia Tramontano avrebbe dato alla luce a luglio.