Giuliana De Sio e l’esordio folgorante grazie ad Alessandro Haber

Giuliana De Sio è l’esempio lampante di donna forte ed al tempo stesso fragile. “Nella vita ho sempre sperato che arrivasse qualcuno a salvarmi… ancora non è arrivato, ma sono convinta che, prima o poi, qualcuno arriverà”, ha svelato in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. La De Sio ha ripercorso le tappe salienti della sua luminosa carriera, iniziata quando era giovanissima. A 18 anni, infatti, dopo il liceo si trasferì a Roma. “Conobbi Alessandro Haber, che avevo visto recitare in teatro e mi aveva colpito come attore, ma lui prese a corteggiarmi in maniera spietata… cedo alla sua corte”, racconta. Fino a quel momento Giuliana non aveva mai pensato di fare il suo mestiere: “fu lui che, essendo convinto di aver intravisto in me qualcosa di giusto per lo schermo, prima mi scatta una serie di foto sul terrazzino di casa, poi mi prese per la collottola e mi portò da un agente cinematografico”.



Grazie ad Haber, Giuliana De Sio fa tre provini superandoli tutti. Alla fine scelse il personaggio di Sibilla Aleramo nello sceneggiato “Una donna” nel 1977. “Un inizio folgorante”, commenta. E fu proprio così poichè da principiante si ritrovò a interpretare un ruolo da protagonista. Se Haber in un primo momento fu contento, poi intervenne la gelosia per i mancati lavori a lui.



Gli amori di Giuliana De Sio e l’infanzia non semplice

Giuliana De Sio scappò di casa da giovanissima. Lo ha ricordato anche nella sua intervista al Corriere della Sera: “Una famiglia difficile. Mio padre, avvocato, se ne andò di casa molto presto, quando mia sorella Teresa ed io eravamo bambine. Mia madre, laureata in medicina, senza aver mai praticato la professione, cominciò a bere. Era una donna infelice, una delle più infelici che abbia mai conosciuto”. Quando decise di andare via ne soffrì molto “ma non avevo altra scelta, non vedevo l’ora di abbandonare tutta quella pesantezza, e mi sono salvata”, racconta.



La De Sio si è salvata presumibilmente grazie al suo carattere, in realtà, ha svelato Giuliana, “sono stata aiutata da una trentina d’anni in analisi: ho vissuto dei transfer furibondi con i miei analisti, ma evidentemente sono serviti a qualcosa. Non so come sarei diventata se non mi fossi sdraiata sul lettino dello psicoanalista”. Infine ha voluto ricordare la sua sfida più difficile: il Covid, di cui si ammalò nel febbraio 2020, quando non era ancora vaccinata. “Un’esperienza traumatica, distopica. Sono finita con urgenza allo Spallanzani, chiusa in una stanza, una cella, senza capire cosa mi stesse accadendo, né sapere cosa succedeva fuori, perché nessuno poteva venire a trovarmi. Poi in camera arriva un televisore, vedo la tragedia, le file di bare, e ho capito che di quella cosa potevo morire. Nella mia vita sono sopravvissuta a tante cose, pure stavolta ce l’ho fatta… devo avere una buona fibra”.