Il caso di Silvia Romano ci riporta alla mente il sequestro di Giuliana Sgrena, la giornalista rapita a Baghdad il 4 febbraio del 2005 e liberata esattamente un mese dopo, il 4 marzo dello stesso anno. A differenza di quanto accaduto con l’attivista milanese, la liberazione della Sgrena fu drammatico in quanto, durante il tragitto per portare la giornalista al sicuro, venne ucciso Nicola Callipari, all’epoca dirigente del Sismi, i servizi di sicurezza italiani. Oggi la Sgrena è stata intervistata da Storie Italiane, e riferendosi al caso di Silvia Romano ha spiegato: “Ogni sequestro è diverso da un altro. “Per fortuna” io sono stato sequestrata da un gruppo che non era estremista religioso e questo mi ha salvato dal ricevere alcuni atteggiamenti che invece i gruppi religiosi di solito praticano nei confronti delle donne, anche se non mi sono mai risultate violenze fisiche contro le sequestrate. Il problema è che la violenza psicologica è persino più terribile, magari non si avverte subito ma è traumatizzante e subdola. Io ho cercato di reagire al mio sequestro – ha proseguito la collega giornalista – comportandomi bene, sono resistita e dopo un mese il tutto è finito, ma non riesco a immaginare cos’abbia sopportato Silvia in 18 mesi, tra l’altro in un paese come la Somalia che è al di fuori di qualsiasi controllo: ci sono bande che controllano strada per strada, ci sono jihadisti che usano mezzi non accettabili verso la popolazione”.
GIULIANA SGRENA: “TUTTE LE DONNE SEQUESTRATE SONO STATE ADDITATE”
Sulla conversione all’Islam di Silvia, che ha fatto tanto discutere, la Sgrena dice: “Non mi permetto di giudicare le scelte di Silvia e penso che lei si debba considerate prima di tutto una vittima del terrorismo come lo siamo state noi sequestrate, questo non deve essere mai dimenticato”. Giuliana ricorda come tutte le donne sequestrate sono state in qualche modo additate: “Tutte le donne tornate da sequestro – ha proseguito – sono state accusate di qualcosa, le due Simone chiamate “Vispe Terese”, Vannesa e Greta “oche giulive”, io di essere andata a cercarmerla, ma noi facevamo solamente il nostro lavoro”. Più specificatamente sulla conversione: “Anche i miei sequestratori mi hanno detto che avrei potuto convertirmi all’Islam ma poi hanno capito che non avrebbero dovuto insistere. Silvia non posso immaginare cos’abbia provato e come abbia tentato di proteggersi, penso che si cerchi una via di protezione in quelle situazione, è difficile persino controllare il tempo, io contavo i giorni con i nodi fatti sulla mia sciarpa. è difficile sopravvivere e tenere la propria mente occupata, temi sempre di poter morire, una situazione davvero di terrore”.