E se alla fine fosse Giuliano Amato il prossimo Presidente della Repubblica? Per il ‘dottor Sottile’ – già Premier nel 1992 e nel 2000, nonché vicepresidente della Consulta – le “quotazioni” per la corsa al Quirinale salgono vertiginosamente in questi giorni di trame e sottotrame nei Palazzi romani. Con il totonomi “bloccato” su Berlusconi, Draghi, Prodi e Veltroni, Amato potrebbe rappresentare un nome di garanzia in grado di soddisfare un po’ tutti come lo fu 7 anni fa Sergio Mattarella.
Stando a quanto riportato oggi su “Repubblica”, il primo sussurro su Amato al Colle sarebbe pervenuto nella famosa pizza “top secret” (mica poi tanto, visto che le foto sono uscite senza alcun problema) tra Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti. Con Lega e M5s anche il Partito Democratico sembrerebbe concorde sul concedergli l’ingresso nella ristretta rosa di nomi per il post-Mattarella: «Quello di Amato è un nome sul tavolo», fanno sapere i Dem a “Rep”. Vicinissimo a ricevere l’elezione a Capo dello Stato 7 anni fa, quando poi Renzi rompendo il “Patto del Nazareno” virò su Mattarella, Amato come ovvio che sia si ritira in un silenzio tombale lasciando per il momento parlare solo i “rumors”.
AMATO, IL QUIRINALE E LA PARTITA DECISIVA: PARLA LETTA
Le affermazioni pubbliche e le prese di posizione in questo tempo precedente all’elezione del Colle sono sempre molto accorte e tendono sempre a smentire qualsiasi tipo di totonomi. Non è da meno Enrico Letta, Segretario Pd: «Noi siamo gli unici che non stanno partecipando a questo assurdo gioco del Quirinale. Mi sembrano dei criceti nella ruota: ogni giorno un nome nuovo e tutti dietro a discutere. Di Quirinale si parlerà a gennaio, oggi si parla della manovra, delle scelte che riguardano il futuro degli italiani». Solo dopo la Manovra dunque si potrà entrare nell’agone della sfida quirinalizia, con la road map che prevede secondo Letta «Legge di Bilancio, Colle e riforma della legge elettorale». Dopo la provocazione “pubblica” di Giorgetti sul semi-presidenzialismo di fatto che si aprirebbe con Draghi al Quirinale, un po’ tutti tra destra e sinistra hanno preso le distanze: dopo la bocciatura di D’Alema sul Premier al Quirinale, anche il Ministro Orlando si defila rispetto agli endorsement pro Draghi di Renzi e Marcucci, «Draghi non è una personalità facilmente fungibile, ma non penso che sia l’unica riserva della Repubblica, non credo che sia l’unico che possa svolgere dei ruoli e credo che questo non lo pensi lui per primo». I rumors continuano e, fidatevi, siamo solo all’inizio: Berlusconi e Casini a “destra”; Draghi e Cartabia come “indipendenti”; Prodi, Veltroni, Gentiloni a “sinistra”. Ma ovviamente la rosa sarà molto più ampia nelle prossime settimane, salvo poi restringersi di colpo ad inizio 2022.