Un’eccezione alla norma generale, che prevede che nessuno possa essere processato se non informato del fatto che si sta procedendo nei suoi confronti. È questo aspetto della cosiddetta “sentenza Regeni“, nient’affatto secondario, a preoccupare i giuristi. La pronuncia della Consulta sul giovane torturatore e ucciso in Egitto, infatti, si muove sul filo delle garanzie e del diritto. Si tratta di una sentenza della Corte costituzionale ad personam, quindi ritagliata su misura affinché si possa celebrare il processo contro i torturatori egiziani che uccisero Giulio Regeni sette anni fa. L’ex ministra Marta Cartabia, che fu anche presidente della Consulta, ha giudicato la sentenza “additiva“, un modo tecnico ed elegante per dire che è stata creata un’eccezione, una deroga o violazione della regola.
La Corte ha colpito l’articolo 420 bis comma 3 del codice di procedura penale, stabilendo – come riportato da Il Dubbio – che in questo caso “sia possibile derogare al principio europeo e internazionale per cui il processo penale può essere celebrato solo nei confronti di un imputato che sia stato informato del fatto che si sta procedendo nei suoi confronti“. Anche se decide di non parteciparvi. Infatti, ci sono processi celebrati in contumacia, senza l’imputato. Ma nella vicenda di Giulio Regeni, spiega la Consulta, siamo di fronte ad un caso di tortura, definito dall’articolo 1 comma 1 della Convenzione di New York. Peraltro, della vicenda si è scritto e parlato molto in Egitto in questi anni. Quindi, quei quattro agenti dei servizi segreti considerati responsabilità dall’autorità giudiziaria italiana erano a conoscenza della situazione. Il problema, sollevato da Tiziana Maiolo sulle colonne de Il Dubbio, è che non è tutto rigoroso in questa decisione.
SENTENZA CONSULTA SU CASO REGENI: I DUBBI DEI GIURISTI
Lo ha rimarcato il professor Gian Luigi Gatta, ordinario di diritto penale alla Statale di Milano, che fu consigliere giuridico della Cartabia. A Repubblica ha definito “ad regenim” la sentenza, quindi una regola ad hoc costruita proprio per consentire il processo che era stato bloccato dalla Corte d’Appello di Roma e dalla Cassazione. Come evidenziato da Il Dubbio, “è chiaro che la Consulta si è sostituita al governo e al parlamento con una sentenza ‘politica’, finalizzata a un atto più sostanziale che formale, quale il processo dovrebbe essere“. Anche all’avvocato Davide Steccanella, difensore del terrorista Cesare Battisti, ha evidenziato tale anomalia.
“È un principio barbaro, una vera stortura pensare di processare una persona senza averlo potuto avvertire. Mi rendo conto della tragedia della famiglia Regeni, ma se l’imputato è assente al processo, deve esserlo solo per scelta, non perché disinformato“, ha detto a Il Dubbio. Secondo il professor Gatta, ora l’Egitto potrebbe contestare all’Italia il principio del ne bis in idem (non puoi essere processato due volte per lo stesso fatto), visto che pare che qualche forma di giudizio ci sarebbe già stata in Egitto. Tiziana Maiolo sottolinea lo stupore per l’entusiasmo “di tutto quel mondo ‘democratico’ che strillava indignato a ogni presunta proposta di legge ad personam in favore di Silvio Berlusconi“. A Il Dubbio aggiunge che questa sentenza della Consulta “è proprio l’omaggio a una sola persona, a un solo caso, a un solo processo“.