Il governo italiano avrebbe potuto salvare Giulio Regeni? La domanda sorge alla luce dello scoop di Report, che ha scoperto che il ricercatore era ancora vivo quattro giorni dopo la scomparsa e il nostro governo, che lo sapeva, non avrebbe fatto nulla per salvarlo. Stando a quanto ricostruito dal programma di Rai 3, una persona vicina al governo egiziano mandò un messaggio il 29 gennaio 2016 sul cellulare di Zena Spinelli, una lobbista con rapporti con alte sfere civili e militari dell’Egitto: “Noi non ce l’abbiamo, ma è ancora vivo“. Questo scoop tira in ballo Matteo Renzi, che all’epoca era premier: in commissione d’inchiesta ha dichiarato di aver saputo della scomparsa solo il 31 gennaio, eppure l’ambasciatore Maurizio Massari mandò una nota a Palazzo Chigi tre giorni prima, il 28 gennaio.



Come si evince da un’informativa dei carabinieri del Ros, ora emerge che il 29 la lobbista aveva allertato i servizi del colloquio avuto con soggetti vicino al governo egiziano. Inoltre, era in contatto con Gennaro Gervasio, professore alla British University del Cairo: era proprio lui che Giulio Regeni doveva raggiungere il 25 gennaio 2016 ed è stato lui, anche amico del ricercatore, a lanciare per primo l’allarme sulla scomparsa, contattando tra gli altri pure la lobbista, che si è attivata. Gervasio avrebbe contattato anche Ayman Rashed, direttore del ministro della Giustizia egiziano. Report ha anche scoperto che ha letto quel messaggio WhatsApp che poi la lobbista ha cancellato.



LE OMBRE SUL GOVERNO ITALIANO E I SERVIZI SEGRETI

Queste nuove rivelazioni sollevano nuovi dubbi sulla vicenda della scomparsa di Giulio Regeni, torturato e ucciso dai servizi segreti egiziani tra il 31 gennaio e il 2 febbraio, giorni in cui, come rivelato dal Fatto Quotidiano, i vertici dei servizi segreti italiani erano in visita al Cairo, almeno dal 27 al 30 gennaio, nello stesso periodo in cui la lobbista avrebbe ricevuto il messaggio sulle sorti del ricercatore. Il 30 ci sarebbe stato un vertice con le controparti egiziane, a cui avrebbe partecipato anche Alberto Manenti, direttore dell’Aise. Eppure il governo egiziano smentito il suo coinvolgimento. Per questo a processo ci sono quattro 007 egiziani accusati di omicidio e tortura e per questo ora la line della mancata responsabilità dell’Egitto si sgretola di fronte alla testimonianza del super testimone a Report con documenti e chat.



GIULIO REGENI, “I SERVIZI SEGRETI HANNO GIOCATO UN’ALTRA PARTITA”

Dalle dichiarazioni di Gennaro Gervasio a Report emerge che mentre l’ambasciatore si muoveva con i suoi canali per trovare Giulio Regeni, era stato aperto a sua insaputa un canale parallelo, finora sconosciuto. Secondo il super testimone, i servizi segreti avrebbero giocato un’altra partita e l’ambasciatore di fatto non sapeva nulla. Inoltre, i servizi segreti italiani avrebbero addirittura visto il ricercatore prima del ritrovamento ufficiale, ma non è chiaro se fosse ancora vivo o se fosse già morto, secondo la moglie di un operativo Aise in Egitto. L’ex capo dell’Aise Manenti avrebbe incontrato il responsabile dell’intelligence egiziana il 3 febbraio, prima dell’annuncio del ritrovamento del cadavere, per trattare la restituzione del corpo. Secondo il super testimone c’è stata un’imposizione dell’Aise.

I DUBBI SU MINNITI E LA SUA MISSIONE SEGRETA

Non è chiaro, inoltre, quando avrebbe appreso la notizia Marco Minniti, che all’epoca era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi. Il Tempo fa notare che aveva sostenuto la nomina di Manenti all’Aise e che, quando fu nominato ministro dell’Interno nel governo Gentiloni, si tenne fuori dalla questione Regeni, fino a quanto Angelo Tofalo, sottosegretario alla Difesa del governo Conte II lo tirò in ballo, chiedendo che venisse ascoltato in commissione d’inchiesta. Nel 2020 fu poi nominato inviato speciale di Conte per una missione segreta in Egitto per sbloccare l’impasse e aprire una collaborazione con la procura di Roma che è titolare dell’inchiesta.