Sul corpo di Giulio Regeni sono stati individuati segni evidenti di torture. Li ha visti anche Maurizio Massari, intervenuto in aula nel processo davanti alla Prima Corte di Assise di Roma in qualità di testimone. L’ambasciatore ha raccontato di essersi recato nell’obitorio dove era conservato il corpo del ricercatore rapito e ucciso in Egitto nel 2016, vicenda per la quale sono finiti a processo in Italia quattro 007 egiziani che sono stati accusati del sequestro e dell’omicidio del friulano. Massari era ambasciatore italiano presso le Nazioni Unite all’epoca, in particolare era in servizio al Cairo. «Erano evidenti segni di torture, dei colpi ricevuti su tutto il corpo con ematomi e segni di fratture e tagli», ha dichiarato rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco.
In aula, infatti, ha ricostruito anche le prime ore dopo la scomparsa, in particolare dalla prima chiamata del 25 gennaio 2016, fatta dal professor Gennaro Gervasio, il quale gli notiziò la scomparsa di Giulio Regeni, fino al ritrovamento del cadavere. Maurizio Massari ha spiegato che era un giorno particolare, in quanto c’erano state diverse perquisizioni in Egitto, quindi agli italiani fu suggerito di evitare zone pericolose. Ma il ricercatore italiano non fu raggiunto da quel messaggio, in quanto non era registrato. «Non c’era nessun obbligo», ha precisato Massari in tribunale. Una volta ricevuta la chiamata, l’ambasciatore ha allertato il capo centro dell’Aise, a cui chiese di contattare l’intelligence dell’Egitto. «Mi riferì che non risultavano notizie del nostro connazionale», ha aggiunto Massari in tribunale, come riportato dall’AdnKronos.
“GIULIO REGENI ERA STATO ANCHE FOTOGRAFATO”
Maurizio Massari nella sua testimonianza in aula ha aggiunto di aver chiesto un incontro al ministero degli Interni dell’Egitto, in virtù delle «crescenti preoccupazioni». Nonostante ciò, l’Italia non riceveva informazioni dalle autorità egiziane. Intorno al 30-31 gennaio del 2016 fu chiesto di nuovo un incontro, ottenendo come risposta dal capo di gabinetto la disponibilità del ministro a un incontro. Circa 4-5 giorni l’ambasciatore fu ricevuto. In aula ha segnalato che i tempi erano «dilatati» rispetto al solito. Erano giorni in cui si stava preparando la visita del ministro Guidi con un gruppo di imprenditori italiani, una visita «difficile da tenere in piedi» visto che non c’erano notizie su Giulio Regeni. «Cercavo di fare leva su questo». Comunque, dopo la scomparsa del ricercatore sono stati attivati tutti i canali possibili, secondo la ricostruzione dell’ambasciatore cui fa riferimento l’AdnKronos.
Ad esempio, ci furono contatti anche parte della società civile egiziana, «legate in particolare alla difesa dei diritti umani». Emerse così che Giulio Regeni stava portando avanti uno studio sui venditori ambulanti, «che era “attenzionato” da tempo» ed «era stato fotografato». Quindi, la scomparsa del ricercatore fu subito legata alla sua ricerca. Ma non erano notizie che potevano essere verificate in quel momento, visto che arrivavano da membri della società civile che si rifacevano a conoscenze col coinquilino di Giulio Regeni, ha aggiunto Maurizio Massari. «Tutto induceva a ritenere che fosse stato in qualche modo fermato dalle autorità egiziane, che ci fosse qualcosa legato alla sua attività di ricerca che poteva aver dato fastidio».
“MAURIZIO MASSARI? IN AULA RACCONTO DOLOROSO”
Dopo la testimonianza di Maurizio Massari, l’avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia di Giulio Regeni, l’ha giudicata utile, perché la ricostruzione dell’ambasciatore ha consentito loro di ricostruire «quel periodo tragico», che va dalla scomparsa del ricercatore al ritrovamento del suo cadavere. Ma cita anche i «depistaggi successivi». L’avvocato ha rimarcato, inoltre, che ascoltare la testimonianza di Massari in aula è stato «molto faticoso e doloroso». Ha pure citato Erri De Luca, il quale aveva fatto riferimento a «brandelli di verità» che si stanno raccogliendo, anche faticosamente, per dare verità e giustizia ai genitori di Giulio Regeni, i quali tra l’altro hanno lasciato l’aula del tribunale di Roma, perché il legale non voleva che fossero presenti quando si descrivevano le condizioni del corpo del figlio.