Il gup di Roma ha accolto la richiesta del procuratore capo Francesco Lo Voi e dell’aggiunto Sergio Colaiocco, inviando gli atti relativi al caso di Giulio Regeni alla Consulta. La richiesta è finalizzata a sbloccare la fase di stallo in cui si trova il processo del giovane ricercatore italiano sequestrato, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. Sotto accusa quattro 007 egiziani: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. I quattro sono accusati a vario titolo di sequestro di persona pluriaggravato, lesioni aggravate e concorso in omicidio aggravato.



Alessandra Ballerini, avvocato della famiglia Regeni, ha commentato la decisione del gup riferendo il pensiero di Paola e Claudio genitori del ragazzo: “C’è una speranza in più, speriamo che questa sia la volta definitiva e che venga sancito che questo processo si può e si deve fare. Visto che noi diciamo sempre che Giulio ‘fa cose’, speriamo che Giulio possa intervenire anche in una riforma legislativa che consenta di non lasciare impuniti i reati di questa gravità quando gli stati non collaborano”.



Gup di Roma: “Autorità egiziane? Scelta antidemocratica, autoritaria”

Secondo il gup di Roma, la questione sollevata dalla Procura per l’assenza degli imputati, è “rilevante e non costituzionalmente infondata”. Così, nell’ordinanza che invia gli atti alla Consulta sul processo di Giulio Regeni, spiega ancora: “La scelta delle autorità egiziane di sottrarre i suoi cittadini alla giurisdizione italiana e all’accertamento delle responsabilità è una scelta antidemocratica, autoritaria, che di fatto crea in Italia, Paese che si ispira ai principi democratici e di eguaglianza, una disparità di trattamento rispetto ai cittadini italiani e ai cittadini stranieri di altri Paesi, che in casi analoghi verrebbero processati”.



Il 3 aprile era stata sollevata la questione di costituzionalità dell’articolo 420 bis del Codice di procedura penale, che prevede che l’assenza di conoscenza del processo da parte di un imputato derivi dalla mancata cooperazione di uno Stato estero. Il giudice ha così accolto la richiesta della Procura: adesso la Consulta dovrà decidere sull’articolo, modificato dalla riforma Cartabia, nella parte in cui non prevede che si possa procedere in assenza dell’accusato “nei casi in cui la formale mancata conoscenza del procedimento dipenda dalla mancata assistenza giudiziaria da parte dello Stato di appartenenza o residenza dell’accusato stesso”.