Nella giornata di oggi la Corte costituzionale ha scritto una nuova, importante, pagina della morte di Giulio Regeni, dando il via libera definitivo all’avvio del processo. Davanti al giudice dovrebbero comparire Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abedal Sharif, i membri dei servizi segreti egiziani accusati di aver ucciso il ricercatore all’inizio del 2016, per ragioni ancora da chiarire.
Da tempo, però, il processo per la morte di Giulio Regeni era bloccato per via del fatto che gli imputati non si sono mai presentati in tribunale, mentre non vi sarebbe stato alcuno aiuto da parte del governo egiziano per estradarli in Italia per comparire in tribunale. Secondo la Consulta della Corte costituzionale, su richiesta di illegittimità presentata dal Gip di Roma, nel caso in cui si parli di un’accusa di tortura, il giudice può procedere all’esame anche in assenza degli imputati. In altre parole, il processo a carico dei 4 egiziani per la morte di Giulio Regeni procederà anche in loro assenza, fermo restando la possibilità per questi ultimi di presentare ricorso per procedere al riesame della causa.
La famiglia di Giulio Regeni: “Avevamo ragione noi, ora vogliamo giustizia”
Alla notizia del via libero al processo per la morte di Giulio Regeni, il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, ha espresso “grande soddisfazione per la possibilità di celebrare un processo secondo le nostre norme costituzionali che restano il faro del nostro lavoro”. Rimane, tuttavia, in attesa di leggere “le motivazioni per vedere come procedere” nell’auspicio che “la parte civile [rimanga] al nostro fianco nelle fasi successive”.
Anche la famiglia di Giulio Regeni ha espresso la sua felicità per l’avvio del processo, sottolineando che “avevamo ragione noi: ripugnava al senso comune di giustizia che il processo per il sequestro le torture e l’uccisione di Giulio non potesse essere celebrato a causa dell’ostruzionismo della dittatura di al-Sisi per conto della quale i quattro imputati hanno commesso questi terribili delitti. Abbiamo dovuto resistere contro questa volontà dittatoriale”, sostengono ancora i familiari di Giulio Regeni, “per sette anni e mezzo confidando comunque sempre nei principi costituzionali della nostra democrazia. Ringraziamo tutte le persone che hanno sostenuto e sosterranno il nostro percorso verso verità e giustizia: la procura di Roma ed in particolare il dottor Colaiocco, la scorta mediatica, e tutto il popolo giallo”.