Giulio Regeni è stato torturato “a più riprese”, preso a calci, pugni, ma anche a bastonate e colpi di mazza. Lo hanno detto i pm di Roma durante l’audizione in commissione parlamentare di inchiesta sull’omicidio del ricercatore ucciso in Egitto tra gennaio e febbraio 2016. Il sostituto procuratore di Roma, Sergio Colaiocco, e il procuratore facente funzioni, Michele Prestipino, hanno elencato ben quattro tentativi di depistaggio, come riporta La Repubblica: “Intorno a Giulio Regeni è stata stretta una ragnatela dalla National security egiziana già dall’ottobre prima del rapimento e omicidio. Una ragnatela in cui gli apparati si sono serviti delle persone più vicine a Giulio al Cairo tra cui il suo coinquilino avvocato, il sindacalista degli ambulanti e Noura Whaby, la sua amica che lo aiutava nelle traduzioni“. Raccapriccianti i dettagli emersi dall’autopsia sul corpo di Giulio Regeni. Colaiocco ha spiegato: “L’autopsia eseguita in Italia ha dimostrato che le torture sono avvenute a più riprese, tra il 25 e il 31 gennaio. L’esame della salma depone per una violenta azione su varie parti del corpo. I medici legali hanno riscontrato varie fratture e ferite compatibili con colpi sferrati con calci, pugni, bastoni e mazze. Giulio è morto, presumibilmente il 1 febbraio, per la rottura dell’osso del collo“.
GIULIO REGENI, I DEPISTAGGI EGIZIANI
A proposito dei depistaggi volti a sviare gli inquirenti sulla morte di Giulio Regeni, i pm hanno spiegato: “Nell’immediatezza dei fatti sono stati fabbricati dei falsi per depistare le indagini: in primis, l’autopsia svolta al Cairo che fa ritenere il decesso legato a traumi compatibili con un incidente stradale. Altro depistaggio è stato quello di collegare la morte di Giulio a un movente sessuale: Regeni viene fatto ritrovare nudo“. Ma altri due tentativi di depistaggio sono stati smascherati dalle autorità italiane: “Il primo alla vigilia della nostra trasferta del 14 marzo del 2016. Due giorni prima un ingegnere parla alla tv egiziana raccontando di avere visto Regeni litigare con una persona straniera non lontano dal consolato italiano e fissa alle 17 del 24 gennaio l’evento. E’ tuttavia emerso che il racconto è falso e ciò è dimostrato sia dal traffico telefonico dell’ingegnere, che lo colloca a chilometri di distanza dal nostro consolato, sia dal fatto che Giulio a quell’ora stava guardando un film su internet a casa“. Successivamente “il soggetto che ha messo in atto il tentativo di depistaggio ha ammesso di avere ricevuto quelle istruzioni da un ufficiale della Sicurezza nazionale che faceva parte, tra l’altro, del team investigativo congiunto italo-egiziano. Un depistaggio voluto per tutelare – ha raccontato l’ingegnere – l’immagine dell’Egitto e incolpare stranieri per la morte di Regeni. Su questo episodio non ci risulta che la Procura del Cairo abbia mai incriminato nessuno. Il quarto tentativo di depistaggio è legato all’uccisione di cinque soggetti appartenenti a una banda criminale morti nel corso di uno scontro a fuoco. Per gli inquirenti egiziani erano stati loro gli autori dell’omicidio“.
GIULIO REGENI, PRESTIPINO: “CI SONO DEGLI INDIZIATI”
Prestipino è comunque soddisfatto di come si stanno sviluppando le indagini sulla morte di Giulio Regeni, al netto dei tanti ostacoli incontrati finora nella ricerca della verità sulla morte del giovane ricercatore italiano: “C’è una difficoltà nel coordinare la nostra attività giudiziaria con l’iniziativa giudiziaria dell’Egitto anche perché tra i due Paesi non ci sono accordi di cooperazione giudiziaria. Nonostante tutte queste difficoltà posso affermare che abbiamo raggiunto fin qui risultati estremamente positivi. Siamo riusciti grazie alla straordinaria capacità dei nostri reparti investigativi, Sco e Ros, a ricostruire il perimetro di quanto accaduto in quel lasso temporale“. Prestipino ha aggiunto: “Siamo riusciti a ricostruire il contesto dell’omicidio, i giorni precedenti al sequestro, l’attività degli apparati egiziani nei confronti di Giulio culminata col sequestro, riuscendo a sgomberare il campo da ipotesi fantasiose sul sequestro, dall’attività spionistica alla rapina. Ipotesi messe definitivamente da parte. Abbiamo individuato soggetti indiziati che per questo sono stati iscritti nel registro degli indagati“. Il presidente della commissione d’inchiesta, Erasmo Palazzotto, ha assicurato: “Non faremo sconti a nessuno e andremo fino in fondo“.