Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia e presidente di Aspen Institute, ha rilasciato in queste ore un’intervista ai colleghi della testata giornalistica “Huffington Post”, nella quale ha ripercorso i disordini registrati vent’anni fa al G8 di Genova, nei quali non fu coinvolto, in quanto “si riunivano i Capi di Stato e di governo e le informazioni che ho sono quelle diffuse dalla stampa”. In quel preciso momento storico, Tremonti ero in carica, così come tutto il secondo Governo Berlusconi, da appena un mese e si stava occupando dell’unificazione del Ministero dell’Economia con il Ministero delle Finanze, imposta dalla legge Bassanini e, inoltre, vi era la necessità di colmare un buco di bilancio di 5mila miliardi di lire lasciato in eredità dall’esecutivo antecedente.



Tuttavia, pur non essendo presente nel capoluogo ligure, Tremonti aveva maturato una propria opinione in merito al movimento “No global”, ma “la mia preferenza, nel campo del pensiero della Sinistra, era semmai per Marx”, che aveva previsto la globalizzazione e “non credo avrebbe condiviso le tesi dei no global”. A detta dell’intervista, con la caduta del Muro di Berlino e lo sviluppo della rete, la globalizzazione non poteva essere arrestata, ma si sarebbe dovuta portare a compimento in tempi più dilatati.



GIULIO TREMONTI: “A GENOVA VIOLENZE INACCETTABILI”

Al di là delle violenze registrate al G8 di Genova due decenni fa e che Giulio Tremonti ha definito “inaccettabili”, l’ex ministro sulle colonne dell'”Huffington Post” ha sottolineato che il problema è nato quando si è spezzata “la catena politica secolare e fondamentale stato-territorio-ricchezza: la ricchezza si stava liberando dagli antichi vincoli territoriali e via via entrava nella Repubblica Internazionale del Denaro, nel regno dell’anomia e dell’anarchia”.

Secondo Tremonti, i “No global” non avevano compreso l’essenza dell’utopia globale, mirata a creare l’uomo nuovo e il mondo nuovo, secondo una concezione religiosa del mercato: “Il design della globalizzazione è stato fatto in tre quattro anni (dalla caduta del muro al Wto) dagli ‘illuminati’. C’era idealismo, c’’erano interessi, c’era perfino il poeta di corte, Francis Fukuyama, quello della fine della storia”. A detta del leader di Aspen Institute, la globalizzazione ha vissuto dieci-dodici anni dorati, finché non è sopraggiunta la crisi finanziaria del 2008, ovvero di un impianto finanziario nel quale “i capitali andavano in Asia, mentre il ceto medio e operaio negli Stati Uniti veniva sostenuto con l’invenzione dei mutui subprime”.