Salvare Mps sì, ma a certe condizioni: così Giulio Tremonti ai microfoni del Corriere della Sera. L’ex ministro dell’Economia ha parlato della possibilità di fare uscire Montepaschi dall’empasse, spiegando che le ipotesi di salvataggio con la costituzione di una dote richiedono circa 20 miliardi di euro, una cifra importante, ma l’importante è «dimenticare il passato».
Giulio Tremonti ha acceso i riflettori sulle liti per Mps, a partire da quella della Fondazione da 3,8 miliardi di euro. Una causa che non ha senso, anzi «suicida»: «Che senso ha la lite? Se vince, distrugge la banca e non ottiene l’effetto politico di conservare Mps a Siena. Se invece transasse, per esempio rinunciasse in cambio di una quota azionaria, anche simbolica, otterrebbe il suo obiettivo principale, che è la continuazione del Monte. Già questo ridurrebbe significativamente il fabbisogno di intervento».
GIULIO TREMONTI SU MPS
Giulio Tremonti ha parlato di un accordo in stile Parmalat, rimarcando che, escluso il finanziere che rappresenta i fondi, ci sono altri claim che potrebbero trasformarsi in un investimento. Senza dimenticare che dal punto di vista del mercato potrebbe esserci interesse nei confronti di Mps e per l’interesse nazionale è necessario avere una Montepaschi forte. L’ex titolare del Tesoro ha aggiunto: «Mps pubblica? Se questo è lo scenario, un punto potrebbe essere: facciamo il salvataggio senza spezzatino, per fare restare Mps la quarta banca italiana. Se invece restano le cause, devi per forza fare lo spezzatino. Lo Stato allora deve mettere 2,5 miliardi di capitale, altri 2,5 di Dta e poi accollarsi il rischio delle cause. Alla fine l’onere per l’erario supera quanto è già stato speso, senza considerare le difficoltà tecniche: chi prende la banca? Chi la scompone, quali altre banche coinvolgi? È molto difficile».