Giulio Tremonti è ad oggi uno degli economisti più esperti in Italia per quanto riguarda i temi fiscali: con una lunga lettera al Corriere della Sera oggi l’ex Ministro dell’Economia propone una lucida trattazione sull’estrema necessità di una riforma fiscale che parta dalla crisi Covid per poter “approfittare” della straordinarietà dell’emergenza attuale. Una riforma fiscale necessita di una lunga gestazione in quanto è una mera decisione politica che si aggiunge a quella costituzionale: per capirsi, una vera riforma fiscale manca in Italia dai tempi dell’Irpef e dell’istituzione dell’Iva negli anni Settanta: «Una riforma di tipo più convenzionale l’ho proposta ed è stata votata dal Parlamento il 7 aprile 2003: “Il nuovo sistema si basa su 5 imposte ordinate in un unico codice: imposta sul reddito, imposta sul reddito delle società, imposta sul valore aggiunto, imposta sui servizi, accisa”», scrive Tremonti nella sua missiva al CorSera proponendo non tanto un modello di riforma fiscale ma un “pressing” politico ed economico sull’estrema necessità del tema.



IL PIANO DI RIFORMA DELL’EX MINISTRO

Mentre in Europa le riforme fiscali vengono ora messe al centro dei progetti post-Covid, per tanti anni sono rimaste tanto minute quanto “nascoste”: «Oggi ancora il nostro sistema fiscale deriva, nel suo impianto di base, dalla riforma del 1971-1973. Allora una riforma modernissima, disegnata per portare l’Italia in Europa, partendo dall’introduzione dell’Iva. Ma, da allora, quasi tutto è cambiato: in Italia, in Europa, nel mondo», scrive l’ex Ministro delle Finanze nell’ultimo Governo Berlusconi, caduto nel 2011 per la crisi economica mondiale. Società con più anziani che giovani, la diffusione delle partite Iva sul fronte produttivo e il federalismo sul lato statale, i cambiamenti di questi ultimi 50 anni ci fanno arrivare già in ritardo con l’appuntamento di una vera e propria rivoluzione fiscale.



La riforma fiscale che dovrà nascere nei prossimi mesi, scrive ancora Tremonti «l’Irpef, pensata per essere “la regina delle imposte”, è stata detronizzata da regimi forfettari speciali che svuotano l’idea di giustizia progressiva e perciò perfetta. Oggi, fuori dalla progressività, abbiamo infatti le rendite finanziarie, le plusvalenze, i rendimenti delle polizze assicurative e dei fondi pensione, i redditi immobiliari da affitto, tutti i redditi da lavoro autonomo ed impresa minore che restano sotto-soglia, e poi tantissime altre voci, fino all’ultima trovata del favore per i milionari rimpatriati».



Sono infine due i consigli di metodo che l’economista “invia” al Governo Conte: in primis, Tremonti intima nel non creare leggi insufficienti, mentre come metodo generale andrebbe “copiato” il modus-Filadelfia «quando, nel 1787, ai costituenti fu fatto divieto di entrare in sala con la propria penna. Uno solo poteva e doveva scrivere, gli altri avevano il dovere di dimostrare di aver capito quanto avevano detto o votato».