Giuni Russo rivive nella puntata di “Techetechetè” in onda oggi, martedì 28 luglio 2020, su Rai1. Una serata dedicata alla grande musica italiana con la voce dell’artista palermitana che ha fatto cantare milioni di persone sulle note di “Un’estate al mare” e “Alghero”. A distanza di anni, queste due canzoni sono ancora oggi delle vere e proprie hit che hanno tramandato il talento di Giuseppa Romeo, questo il suo vero nome, tra diverse generazioni. Nata a Palermo, Giuni Russo si è imposta giovanissima a soli 16 anni vincendo il Festival di Castrocaro dimostrando da subito di avere una vocalità senza precedenti e un talento innato. Artista di ricerca, sperimentale e d’avanguardia, Giusi si è districata con egual successo tra diversi generi musicali: dal pop al jazz, ma anche lirica, blues, musica classica e lirica. Una carriera unica nel suo genere considerando che l’artista ha registrato canzoni in italiano, siciliano, napoletano, inglese, francese, giapponese, spagnolo, arabo, farsi e latino. La caratteristica di Giuni è stata la sua voce: dotata di un’estensione vocale che copriva quasi cinque ottave era in grado di imitare il verso dei gabbiani che si può ascoltare nella sua hit “Un’estate al mare”. La sua carriera è fatta di hit come “Un’estate al mare” e “Alghero”, ma anche di sperimentazioni che l’hanno portata a cantare brani come “Una vipera sarò”, “Moro perchè non moro”, “Limonata Cha Cha Cha” e tantissime altre. Non solo, nel 2003 ha partecipato anche al Festival di Sanremo con “Morirò d’amore” classificandosi al settimo posto.
Giuni Russo, la morte
La vita di Giuni Russo è stata improvvisamente travolta dall’arrivo della malattia: il cancro. L’interprete di “Un’estate al mare” ha scoperto di avere il cancro, ma ha cercato fino alla fine di sconfiggerlo. Accanto a lei in questo lungo calvario la compagnia di vita e musica Maria Antonietta Sisina che in un’intervista rilasciata a Io Donna (data 7 settembre 2017) ha raccontato quel periodo difficilissimo della loro vita: “lo vivevamo con speranza, i dottori ci avevano detto che non sarebbero riusciti a guarirla, ma che avrebbero potuto cronicizzare quella condizione. Noi ci avevamo creduto, purtroppo si sbagliavano. Però per cinque anni abbiamo sperato e quando capitava che io cadevo nella disperazione – perché cinque anni sono lunghi, può capitare – era lei che consolava me”. L’artista è morta il 14 settembre del 2004 a Milano. In una vecchia intervista rilasciata a La Stampa proprio in occasione della sua unica partecipazione a Sanremo nel 2003 disse: “quando urli d’amore profondo, diventi prigioniera. Quando vuoi cambiare strada e ti si brucia il terreno intorno, si tende a far morir l’artista. Ma sono una prigioniera che urla, io. Non mi possono tenere dietro le grate”. L’artista ribelle e anticonformista si è sempre schierata contro le lobby dell’industria discografica facendo sentire forte e chiara la sua voce: “la discografia preferisce sempre le canzonette. Dio mi ha dato un talento, più volte ho cercato di dire ‘non canto più’, invece è come portare avanti un dono di Dio. Può sembrare superbia, ma le mie guide spirituali mi hanno detto così. Ho fatto un Sanremo e non mi sono mai più ripresa: mi sono ripresentata invano dieci volte. Sono una voce prigioniera”. Ad averne oggi di voci meravigliose come quelle di Giuni, ma anche di Artiste con la A maiuscole libere e capaci di non vendersi alle regole del mercato.