Il giudice Giuseppe Ayala, storico pm antimafia, è stato intervistato stamane da Mattino 5 su Canale Cinque, per parlare del doppio covo di Matteo Massina Denaro individuato nelle scorse ore: “Cosa troveremo in quei documenti? Non le so dare una risposta precisa ma un personaggio di quello spessore affaristico e imprenditoriale… forse troveremo una documentazione riguardo ad attività e coperture, dovrebbe esserci. Dobbiamo continuare ad avere fiducia nelle forze dell’ordine e del Ros, che il proseguo delle indagini continui ad esaltare la loro professionalità da trovare ciò che può essere interessante per ricostruire la rete di protezione di cui Denaro ha goduto, dobbiamo continuare ad avere fiducia in magistratura e forze dell’ordine”.



Ayala ha quindi proseguito soffermandosi sul fatto che il secondo covo di Messina Denaro sia stato rinvenuto solo due giorni dopo la sua cattura: “48 ore ahime è un lasso di tempo in cui si potevano portare via i documenti. Ma non credo che ci sia comunque una biblioteca di migliaia di volumi, il problema è individuarle queste cose, poi portarle via non è un problema”.



GIUSEPPE AYALA: “MESSINA DENARO? ALEGGIANO MISTERI SULLE STRAGI…”

Ma quale sarebbe la domanda che Ayala farebbe al boss sui misteri del passato: “Ci sono misteri che aleggiano ancora oggi soprattutto sulle stragi del ’92 e ’93 e che sono sotto gli occhi di tutti. Non va dimenticato ciò che disse Falcone dopo l’attentato dell’89 a cui sopravvisse, parlò di menti raffinatissime e centri occulti di potere capaci di orientare le scelte di Cosa Nostra”.

“Io rifuggo dal complottismo – ha specificato ancora Giuseppe Ayala – che sono nemiche della verità ma per l’autorevolezza di Falcone sull’attentato dell’89 mi dovrebbero dire perchè l’attentato del ’92 dovrebbe essere diverso. Ci auguriamo che ci sia del materiale ma credo che sia ipotizzabile appena avuta notizia del suo arresto qualcuno possa essere entrato nei suoi covi, è un timore che confesso di io avere”. Ayala ha proseguito: “La parola mafia non esisteva fino al 1982 quando si creò il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso ed è un paradosso. Il vecchio modello si basava sulla clandestinità, lo stare lontano dai riflettori, al punto che qualcuno fino all’inizio degli anni ’80 si domandava se la mafia realmente esisteva. La “svolta” si ebbe poi con i Corleonesi, una fase che è durata 15 anni, che pensavano di essere talmente forti da compiere le stragi. L’identikit oggi della borghesia mafiosa? Oggi c’è gente con la mafia ci fa affari, sono fuori da Cosa Nostra ma hanno degli interessi a fare affare con loro perchè c’è la regola del profitto a cui l’imprenditore è molto sensibile”.



MATTEO MESSINA DENARO, L’ONCOLOGO MUTTI: “UN PAZIENTE NORMALE”

Mattino 5 ha intervistato anche Luciano Mutti, l’oncologo che ha incontrato Matteo Messina Denaro nel carcere de L’Aquila in questi giorni, e che lo curerà nei prossimi anni: “E’ stato un rapporto semplice e comune di un paziente con il proprio medico, abbiamo parlato della sua situazione clinica e di cosa possiamo fare per lui. Il nostro dovere è quello di curare il paziente. E’ un paziente come tutti quelli con patologie più o meno gravi, è interessato alle sue condizioni, cosa si può fare per lui e quali sono i risultati ottenibili con la terapia”.

“Mi ha colpito qualcosa? Non c’è stato nulla di particolare che potesse distinguere il nostro incontro da quelle con altri pazienti. Le terapie saranno somministrate dentro il carcere per motivi di sicurezza. A volte i pazienti del 41 Bis vengono trattati in ospedale ma in questo caso abbiamo organizzato un ambulatorio nel luogo dove ci sono tutti gli strumenti necessari per somministrare i farmaci, ci siamo attrezzati per trattare meglio gli effetti delle cure allergiche. Uno sforzo organizzativo assolutamente normale”.