Il processo a Giuseppe Bigella protagonista oggi nell’ultima puntata di “Un giorno in pretura”. La vicenda giudiziaria è complessa: l’uomo si è autodenunciato per l’uccisione di Marco Erittu, trascinando con sé Mario Sanna, agente penitenziario modello, Nicolino Pinna, un detenuto ad un passo dalla libertà, e Pino Vandi, definito boss del carcere di San Sebastiano. Ma quello di Giuseppe Bigella è un pentimento vero o un caso terribile di simulazione e mitomania? Dopo due gradi di giudizio questa domanda è rimasta. Le dichiarazioni di Bigella, che ha sostenuto di aver ucciso Marco Erittu per accreditarsi con un boss all’interno del carcere, sembrano trovare riscontro. Dalle immagini del processo trasmesse da “Un giorno in pretura” emerge che quel giorno Marco Erittu «era fuori di testa», era nervoso perché aveva paura che qualcuno entrasse in cella, quindi si barricò dentro. (agg. di Silvana Palazzo)



Giuseppe Bigella e l’omicidio di Marco Erittu

Giuseppe Bigella non dimenticherà mai gli attimi in cui ha ucciso il detenuto Marco Erittu. “La sua faccia, quell’espressione che aveva, mi assilla ogni notte, nessuno può capire”, ha detto in aula, riporta La Nuova Sardegna, “l’ho ucciso a mani nude. Sparare è un conto, ammazzare a mani nude è un altro, ti resta addosso… Non riuscivo più a convivere con il senso di colpa“. Quattro anni dopo il delitto, è stato Bigella a rivelare agli inquirenti che cosa è davvero accaduto quel giorno nel carcere di San Sebastiano, all’interno della cella liscia n.3. E a confessare che era stato Pino Vandi a ordinare il delitto a lui e a Nicolino Pinna, a sua volta detenuto nello stesso penitenziario. L’agente Mario Sanna invece avrebbe reso possibile l’ingresso dei due nella cella di Erittu. Già condannato a 30 anni per aver ucciso Fernanda Zirulia, una gioielliera di Porto Torres, Bigella è stato decisivo perchè riaprissero le indagini sul caso Erittu. La sua confessione ha permesso di mandare a processo tre persone e altri due agenti della polizia penitenziaria, questi ultimi con l’accusa di favoreggiamento.



Giuseppe Bigella, ecco perché è stato reintegrato dalla giustizia

Giuseppe Bigella è stato reintegrato agli occhi della giustizia. Il procuratore generale Gian Carlo Moi ha chiesto che venisse risentito in corte d’Appello per il delitto di Marco Erritu. E così è comparso in aula lo scorso aprile, per dare la sua versione dei fatti. “Posso ripetere ogni gesto che ho fatto quel giorno, potete chiamare tutti i pentiti che volete, torniamo in quella cella e vi faccio vedere”, ha dichiarato in aula, come riporta La Nuova Sardegna. Oggi, domenica 31 maggio 2020, Un giorno in pretura tratterà il caso di Marco Erritu e il ruolo di Giuseppe Bigella. “Disse che Erittu non doveva arrivare al lunedì successivo”, ha detto parlando degli accordi con Pino Vandi, il mandante, “perchè quel giorno avrebbe dovuto parlare con delle persone”. Secondo l’accusa, il detenuto infatti sarebbe stato ucciso per evitare che rivelasse qualcosa del passato di Vandi.



“Pino mi ha chiesto di ammazzarlo ma gli ho detto che non sarebbe stato facile”, ha raccontato ancora, “mi rispose che mi avrebbe aiutato Nicolino Pinna”. Il piano è stato reso possibile grazie al trasferimento di Erritu nella cella liscia n. 3, destinata ai detenuti considerati a rischio suicidio. “Era lì solo“, ha proseguito Bigella, “lui si sentiva minacciato, voleva andare via da San Sebastiano, urlava e continuava a minacciare di farsi del male. Per questo lo trasferirono. E a quel punto si è deciso di intervenire”. Una volta che l’agente Sanna ha iniziato il turno, Vandi avrebbe riferito a Bigella che l’omicidio sarebbe avvenuto in quel giorno preciso. “‘Ti apre lui’ mi disse rivolgendosi a Sanna che ci guardò e annuì”, ha confessato, “Vandi aggiunse anche che doveva sembrare un suicidio, avrei deciso io come farlo, sarebbe stato meglio simulare un’impiccagione ma se qualcosa fosse andato storto, gli avrei tagliato la gola”.