Durante la puntata di ieri sera di Quarto Grado, ampio spazio è stato dedicato alla storia di Giuseppe Candido, un uomo che è attualmente rinchiuso nel carcere di Bollate, colpevole di aver assassinato la sua ex. Il programma di Rete 4 ha realizzato un’intervista esclusiva con lo stesso killer. “Sto scontando una pena di 30 anni perchè ho commesso un omicidio“, ha esordito lo stesso, che poi ha spiegato la sua storia.
“Avevo 16-17 anni quando conobbi Rosita, che poi diventerà mia moglie, una storia d’amore classica da ragazzini, molto appassionata, ho avuto un po’ di difficoltà con i genitori perchè una ragazza del nord doveva sposare un ragazzo del nord”. E ancora: “Il nostro matrimonio dura 8 o 9 anni, dopo di che finisce, e nel frattempo abbiamo avuto un figlio. Io ho fatto il padre, non ho fatto quello che ha fatto mio papà con me, ho fatto anche fino a tre lavori per non fargli mancare nulla”.
GIUSEPPE CANDIDO: “DIVENTA MAN MANO UNA RELAZIONE…”
Ad un certo punto Giuseppe Candido e Rosita si lasciano dopo di che lui conosce una sera in una discoteca un’altra donna, ma le cose non sembrano andare come devono: “Diventa man mano una relazione che dura un po’ di anni. Le cose inizialmente sono sempre belle, felici, libere da ogni pensiero, e poi c’è sempre un qualcosa che salta fuori. Io sono preso a livello politico, cerco di accrescere sempre il mio portafoglio della cultura, comincia a saltare fuori qualche diverbio e questo va a disturbare molto la mia unione, congiuntamente al mio essere un po’ assiduo alle discoteche. Questa mia compagna sapeva benissimo che io avevo un po’ questo malessere, volevo conoscere altre donne. E’ successo più volte che ci siamo lasciati, oggi lo definisco un amore malato”.
Un giorno però un litigio diventa fatale: “Questa gelosia viene sommersa credo a un certo punto dall’ira, non c’è più la consapevolezza delle proprie azioni e delle proprie ragioni, succedono cose che portano ad esagerare. Ho questo ricordo dove io per vendetta, visto che l’avevo trovata in compagna di un altro uomo in macchina… si è un po’ esagerato nella discussione in casa”. Quindi arrivò il giorno del delitto: “Ricordo che lei mi diede una sberla da dietro, da quel momento non ho ricordi chiari. Ovviamente mi ricordo della coltellata, la colpì con un fendente, un classico coltello che si usa durante i pasti, questo è il ricordo più pesante che mi porterò nella mia vita”.
GIUSEPPE CANDIDO: “RICORDO CHE DA QUESTA LITE VIOLENTA…”
E ancora: “Ricordo che da questa lite violenta mi sono trovato sotto casa di una persona amica, e i due posti distano 40 km, non so come abbia potuto guidare per così tanta strada. Poi ho cominciato a prendere conoscenza di cosa fosse accaduto e infatti ho iniziato a cominciare a dire a non so quante persone dicendo ‘Ho fatto questa cosa’, anche alle forze dell’ordine e parenti”.
Giuseppe Candido ha proseguito: “Dopo ho capito cosa fosse accaduto, una cosa più grande di me, e ciò mi ha spinto al suicidio“. Quindi la conclusione: “E’ una condanna a 30 anni, prima o poi finirò questa condanna ma c’è una condanna che io non potrò mai scontare, il senso di colpa. Ora dal carcere inizia la mia nuova vita. Se io fossi dall’altra parte, e mi venisse tolta mia figlia, cercherei il più male possibile verso quella persona, io ho accettato la mia pena e la sto pagando ed è giusto così”.