Giuseppe De Donno torna a parlare e, quando oramai in Italia la fase più acuta dell’emergenza Coronavirus è alle spalle, torna a difendersi in merito alla sperimentazione col plasma presso l’ospedale “Carlo Poma” di Mantova. Il primario del reparto di Pneumologia, intervistato telefonicamente da Radio Radio News, è tornato sulla disputa tutta interna al mondo scientifico sull’utilizzo del plasma sui pazienti convalescenti (pratica che tuttavia è conosciuta da decenni ma che ha una sua efficacia, seppure ancora da chiarire meglio, come evidenziato dagli studi sul plasma iperimmune presso il Policlinico “San Matteo” di Pavia), sostenendo che spesso dietro a suo dire vi sarebbero interessi economici e politici. “Il mio approccio poteva salvare migliaia di vite umane se fosse stato più utilizzato” ha detto De Donno, sostenendo che lui e il suo gruppo di lavoro sono andati “avanti come dei treni” su questo progetto e presentandone altri al Comitato Etico pur lamentando di non aver avuto secondo lui un adeguato sostegno dal Governo che a suo dire è stato troppo “impegnato” per ascoltarlo. “Il plasma del paziente convalescente tende a negativizzare i positivi al Covid-19 e riduce i tempi di degenza ospedaliera in cinque giorni di media oltre che la mortalità”.
DE DONNO, “COL PLASMA AVREMMO SALVATO MIGLIAIA DI VITE MA…”
E un primo bilancio della pandemia da Coronavirus in Italia? De Donno, riferendosi strettamente all’incisione della patologia nella popolazione, spiega di non essere d’accordo né con chi, nelle prime fasi, parlava del virus come di una semplice influenza né con altri esperti che più di recente sostengono che ha perso virulenza. “Io ci andrei molto cauto, ci sono molti motivi per cui il virus circola di meno, gli italiani hanno sacrificato se stessi chiudendosi in casa per tre mesi e non va assolutamente diminuito il successo di questo provvedimento che andava adottato” ha aggiunto il primario approvando di fatto la difficile scelta di attuare un lockdown quasi totale. “Ora però abbiamo fatto bene a ripartire, ma non sappiamo ancora cosa succederà a ottobre, novembre, dicembre…” ammette, pur precisando che oramai la sanità italiana è preparata all’eventuale e tanto temuta seconda ondata di contagi. E sui rapporti tra scienza e politica De Donno suggerisce che la seconda dovrebbe sempre affidarsi a chi ne sa: “Poi quando i consiglieri e gli scienziati dicono qualcosa e sbagliano non vanno più ascoltati: è vero che il virus non lo conoscevamo ma dire che non sarebbe arrivato è un’affermazione ben precisa…” conclude De Donno con una frecciatina forse rivolta a Roberto Burioni, con cui è in polemica da tempo.