Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, guarda con un occhio amaro i dati Istat. Crollano le nascite e aumentano gli anziani: “Per la prima volta in 160 anni, ovvero dall’unità d’Italia, i nuovi nati nel 2022 sono scesi sotto i 400 mila. È la conferma del rapporto Censis. Oggi non c’è un’idea di futuro. È un Paese senza motivazioni, senza obiettivi. L’unità d’Italia significò lo slancio di creare una nazione e fu uno slancio che durò a lungo. Lo stesso fascismo prese al volo la voglia di fare figli. Oggi invece i ragazzi non solo non fanno figli ma manco si sposano più. E il convivere non è mai un impegno serio come quello di sposarsi, creare una famiglia, cioè porsi almeno un traguardo minimo“, dice l’esperto al Corriere della Sera.
Secondo l’esperto sociologo, “Lo dissi già durante la pandemia: difficilmente, dopo il Covid, recupereremo il nostro furore di vivere. Purtroppo è andata così, il furore di vivere ci aiutò a rialzarci nel dopoguerra, ci aiutò a superare la crisi economica, a non cedere alle armi e alla violenza degli anni Settanta. Ora invece assistiamo a una sorta di galleggiamento che si prolunga da tempo, a una stato di latenza da cui sembra non esserci uscita”.
De Rita: “Vedo in giro tanta confusione”
“Senza uno choc, dalla latenza l’Italia non esce”, disse Giuseppe De Rita una volta. Una frase che oggi risuona quasi profetica. Al Corriere della Sera, spiega: “Non voglio certo augurarmi una guerra o una sconfitta epocale né mi sento un profeta del futuro. Sono solo un sociologo, osservo i fenomeni, li studio. Vedo in giro tanta confusione, l’Italia di oggi sicuramente mi sembra una società a basso tasso di relazioni interpersonali e ad alto tasso di egocentrismo, una società che invecchia, che invoglia i giovani ad andarsene…”.
La popolazione italiana diminuisce, si fanno sempre meno figli e si muore più tardi. Però aumentano gli stranieri. “Non è importante il numero in sé degli stranieri, ma la formazione che siamo in grado loro di offrire. Degli stranieri formati contribuiscono senz’altro alla crescita di un Paese”, spiega il sociologo. La bella notizia, dal rapporto Istat, però c’è: “Il fatto che tanti anziani, anche dopo i 90, i 100 anni, continuino a stare bene, questa sì è una bella notizia. Bravi!”.