Giuseppe Di Vittorio è stata una figura fondamentale per la rinascita economica dell’Italia nel dopoguerra e per dare voce al movimento operaio che rappresenta una parte essenziale del mondo dei lavoratori. Il prof. Vitantonio Leuzzi, ai microfoni di TGR Puglia, parla così: “Nella festa dei lavoratori del 1945, la prima nell’Italia liberata, seppe indicare nel lavoro, nell’unità e nella solidarietà le fondamenta per ricostruire dalle macerie la nostra economia”. Di Vittorio, tuttavia, è passato alla storia anche per quel dissenso con Palmiro Togliatti, scoppiato dopo i fatti di Budapest del 1956. In una lettera riservata inviata alla segreteria del Comitato Centrale del PCUS il 30 ottobre 1956, affermava che «… vi sono coloro che accusano la direzione del nostro partito di non aver preso posizione in difesa dell’insurrezione di Budapest e che affermano che l’insurrezione era pienamente da appoggiare e che era giustamente motivata. Questi gruppi esigono che l’intera direzione del nostro partito sia sostituita e ritengono che Di Vittorio dovrebbe diventare il nuovo leader del partito. Essi si basano su una dichiarazione di Di Vittorio che non corrispondeva alla linea del partito e che non era stata da noi approvata. Noi conduciamo la lotta contro queste due posizioni opposte ed il partito non rinuncerà a combatterla…» come si legge su Wikipedia (aggiornamento di Stella Dibenedetto).
Detenuto durante la guerra
Giuseppe Di Vittorio, protagonista della miniserie “Pane e libertà” in onda venerdì 1 maggio 2020 alle ore 21.25 su Raiuno, ha vissuto anni molto difficili in carcere negli anni della guerra. Perseguitato perché antifascista, fu arrestato a Parigi dai tedeschi su richiesta delle autorità italiane e rinchiuso nel carcere de La Santé, per essere successivamente poi trasferito in Germania e ancora in Italia. Il regime fascista lo assegnò quindi al confino nell’isola di Ventotene. Dopo il 1943 visse in clandestinità durante l’occupazione tedesca, per poi lavorare e ottenere l’unità sindacale con Grandi e Lizzadri. DI Vittorio è stato anche uno dei padri costituenti oltre a lavorare alla Carta Costituente, mentre nel 1946 venne eletto tra le fila del PCI all’assemblea costituente. Eventi narrati nel film “Pane e Libertà” in cui Di Vittorio viene interpretato da Piefrancesco Favino. (agg. di Fabio Belli)
La famiglia di Giuseppe Di Vittorio
Il protagonista della miniserie “Pane e libertà” in onda venerdì 1 maggio 2020 alle ore 21.25 su Raiuno, è Giuseppe Di Vittorio. Parliamo di un importante personaggio politico, sindacalista e antifascista italiano. Seppur sempre impegnato nella vita politica e giornalistica, nella vita di Di Vittorio non sono mancati gli amori. Si è infatti sposato due volte: la prima con Carolina Morra che, come lui, era una sindacalista e bracciante di Cerignola. Dalla donna ha avuto i figli Baldina (1920-2015) poi fondatrice dell’Associazione Casa Di Vittorio con sede a Cerignola, e Vindice (1922-1974) diventato poi partigiano nella Resistenza Francese-Maquis. Dopo essere rimasto vedovo, Giuseppe Di Vittorio si è spostato a Parigi nel 1935 e si è poi risposato nel 1953 con la giovane giornalista Anita Contini, conosciuta negli anni ’40. (Aggiornamento di Anna Montesano)
La vera storia di Giuseppe Di Vittorio
Giuseppe Di Vittorio, il padre del sindacalismo italiano e della CGIL, rivive nella miniserie “Pane e libertà” in onda venerdì 1 maggio 2020 alle ore 21.25 su Raiuno. Diretto da Alberto Negrin, il film per la tv vede l’attore Pierfrancesco Favino nei panni del sindacalista di Cerignola che ha dedicato tutta la sua vita per l’unità dei lavoratori. Antifascista e padre costituente, Di Vittorio è stato un grandissimo politico, a detta di molti uno dei più importanti esponenti del sindacato italiano subito dopo la seconda guerra mondiale. Un uomo dal grandissimo valore civile e sociale che si è impegnato in prima linea nella difesa dei diritti dei lavorato. Nato il 13 agosto del 1982 a Cerignola, anche se la vera data di nascita è l’11 agosto, Giuseppe è figlio di Michele, lavoratore dei campi e di Rosa Errico. Dopo la morte del padre, giovanissimo Giuseppe è costretto a lasciare la scuola per andare a lavorare nei campi. Proprio durante questi anni di lavoro nei campi, nel 1904 partecipa ad una manifestazione di protesta dei lavoratori agricoli che si conclude nel peggiore dei modi visto che l’intervento della polizia causa la morte di quattro di loro tra cui Antonio Morra, suo grande amico di soli 14 anni.
Giuseppe Di Vittorio chi era: il sindacalista di Cerignola
Questo evento segna profondamente Giuseppe di Vittorio al punto che, alcuni anni dopo, nel 1910 diventa segretario del circolo giovanile socialista di Cerignola “XIV maggio 1904”. Ben presto questo circolo si distacca dal PSI diventando un circolo rivoluzionario aderendo all’Unione Sindacale Italiana. Nel 1913 ricopre il ruolo di segretario della Camera del Lavoro di Minervino Murge, ma l’anno dopo è costretto a rifugiarsi a Lugano in quanto ricercato dalla polizia dopo “la settimana rossa”. Parte anche per la guerra, per la precisione viene inviato a Porto Bardia, in Libia, ma nel 1919 torna in Italia. Lo stesso anno sposa Carolina Morra, la donna della sua vita da cui ha due figli: Baldina e Vindice. Nel 1921 viene arrestato durante uno sciopero regionale antifascista e trasferito al carcere di Lucera dove riceve l’incarico di deputato. Sono anni di lotta contro il fascismo, ma anche di lotta per i diritti dei lavoratori in particolar modo nella sua Regione Puglia. Di Vittorio però viene bandito dai fascisti di Cerignola, ma nella città di Bari perfeziona presso la Camera del Lavoro il suo lavoro.
Non solo sindacalista: Giuseppe Di Vittorio anche giornalista
La situazione si fa sempre più pericolosa per Giuseppe Di Vittorio al punto da lasciare la Puglia per trasferirsi a Roma dove incontra Antonio Gramsci e con Palmiro Togliatti. Un incontro che lo porta ad aderire al Partito Comunista e con Ruggiero Grieco, dirigente comunista pugliese, si fa portavoce di una nuova organizzazione autonoma dei contadini italiani. Alcuni anni dopo entra nel gruppo dirigente del PCI e ricopre l’incarico di responsabile della CGIL clandestina e nel 1936 partecipa all’organizzazione delle Brigate Internazionali. Non solo, nel 1939 è il direttore del quotidiano antifascista “La voce degli italiani” e due anni dopo viene arrestato a Parigi e consegnato alle autorità italiane. Nel 1943 è finalmente libero, ma continua la sua lotta: è tra i firmatari del Patto di unità sindacale di Roma del 1944 con Achille Grandi per i democristiani e Emilio Canevari per i socialisti diventando anche segretario generale della Cgil. Di Vittorio muore il 3 novembre del 1957 a Lecco poco dopo un incontro con i delegati sindacali.