È morto a 84 anni nella sua Brescia l’avvocato Giuseppe Frigo: la triste notizia arriva direttamente dalla sua famiglia e dall’Unione Camere Penali che in una nota celebra la memoria del già giudica della Corte Costituzionale. «La storia pubblica dell’avvocato professore è quella del valentissimo professionista che ha massimamente onorato la toga del difensore, del maestro di procedura penale che ha prodotto studi sapienti ed attivamente collaborato alla riforma del codice penale di rito accusatorio del 1988, del giudice della Corte costituzionale che per molti anni ha rappresentato una delle anime più sensibili in difesa dei principi fondanti del giusto processo», scrivono i colleghi penalisti d’Italia. Giuseppe Frigo è stato giudice della Consulta dal 2008 al 2016 e si era dimesso dall’incarico prestigioso per quegli stessi motivi di salute che purtroppo quest’oggi fanno piangere i familiari e amici di questo stimatissimo professore, avvocato e giudice. È mancato nell’ospedale della sua Brescia e i funerali, annunciano i suoi familiari, saranno celebrati con rito religioso pubblico martedì prossimo alle ore 10.30 nella chiesa del Buon Pastore, in Viale Venezia. Fin da oggi la camera ardente è aperta presso la Poliambulanza, spiegano i colleghi di BresciaOggi.



ADDIO A GIUSEPPE FRIGO, L’AVVOCATO “PADRE” DEL DIRITTO

«È stato prima di tutto lo strenuo militante dell’Unione delle camere penali italiane della quale fu presidente dal 1998 al 2002. Furono quelli gli anni della battaglia perché i principi del giusto processo fossero scolpiti nella Costituzione repubblicana. Il nostro Paese deve a lui quella feconda intuizione alla quale un legislatore attento, nella veste di costituente, diede corso», scrivono ancora i colleghi penalisti riferendosi al loro “maestro” Giuseppe Frigo, ricordato oggi e non solo come uno dei punti di riferimento dell’opera processuale e della professione in avvocatura. Amante del diritto ma anche attento alla cura per il rispetto di un processo equo e giusto fino al controllo maniacale di ogni dettaglio: «alunno del collegio Borromeo come l’amico Mino Martinazzoli (di qualche anno più anziano) che da ministro della Giustizia, nel ruolo che fu di Zanardelli, lo volle nella commissione incaricata di redigere il nuovo codice di procedura penale entrato in vigore nel 1988 e tuttora in vigore», riporta il Corriere della Sera in un focus dedicato al grande penalista scomparsa questa mattina in ospedale a Brescia. Proprio per la sua grande esperienza giuridica, nel 2008 – su indicazione del PdL ma con voti trasversali anche di Pd e Udc – venne nominato ed eletto giudice della Corte Costituzionale: «Sono stato il decano dei giudici, benvoluto da tutti e il lavoro della Corte è stato particolarmente gratificante. Tra i componenti della Consulta c’è stato un grande rispetto reciproco. La dialettica interna si è tenuta nei limiti doverosi e nell’esplicazione massima del contributo di ciascuno», raccontava lo stesso Frigo ai colleghi del CorSera prima delle sue dimissioni nel 2016. «Fu un percorso non semplice e non facile, un confronto tra anime culturali diverse che Giuseppe Frigo seppe condurre con la forza dell’argomentazione in nome dei principi fondanti del sistema accusatorio. Il Parlamento lo elesse giudice della Corte costituzionale con larghissima e trasversale maggioranza, così a lui riconoscendo proprio quel ruolo», ricordano ancora i penalisti nel cordoglio alla memoria del professor Frigo.

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