1° maggio, Festa del Lavoro. Speriamo che oggi alla manifestazione di piazza non si presenti il prezzemolino Enrico Letta, sarebbe un’appropriazione indebita da parte di un leader (?) di una compagine radical chic lontana anni luce dal Pci che si considerava l’unico partito dei lavoratori con la sua armata, il sindacato rosso, la Cgil. Parole come lotta di classe e salvaguardia dell’occupazione le sussurra ogni tanto (solo per i media) il duro e puro Landini, che insieme alle altre due sigle sindacali hanno ormai raggiunto i minimi storici come credibilità e come tesserati. L’ultimo fatto è stata l’adesione della triade sindacale all’obbligo del green pass per lavorare andando contro i propri principi di tutela dei lavoratori in una Repubblica democratica fondata sul lavoro (art. 1 della Costituzione).
Per noi cristiani cattolici il primo maggio è la festa di San Giuseppe Lavoratore. Ci sarà un motivo perché la Chiesa lo festeggia il 19 marzo e il primo maggio. Ma lascio la parola agli agiografi.
Qui vi scrivo di un lavoro che in questi due anni di pandemia è emerso di vitale importanza: il medico. Una figura sottovalutata nell’ordinario, ma che con il Covid è emersa con tutti i suoi pregi e difetti. Questi ultimi dovuti sia al bradipismo e alla non coscienza personale, sia alle scellerate scelte politiche attuate dagli ultimi Governi determinanti per tagli delle risorse e immobilismo burocratico.
Il film che propongo parla di questo mestiere, è la fiction di Rai Uno, Giuseppe Moscati: L’amore che guarisce (2007) visibile su Raiplay, con la regia del bravo Giacomo Campiotti, datato direte, è vero, ma attuale oggi più che mai data la situazione in cui ci troviamo.
Eliminate dal vostro immaginario la parte romanzata dell’innamoramento con la bella Kasia Smutniak e l’amicizia con Giorgio/Ettore Bassi, ripulite perciò il troppo sentimentalismo dettato dal rendere più appetibile il film e concentratevi sulla figura di uomo e di medico di Giuseppe Moscati. Anzi, se potete approfondite la sua vita prima del film.
Moscati scelse di studiare medicina contrariamente al volere del padre che lo voleva avvocato. Sicuramente aveva influito la malattia mortale del fratello a cui era stato molto vicino. Si laureò con il massimo dei voti e iniziò a lavorare all’Ospedale degli Incurabili di Napoli. Sin da subito ebbe intuizioni geniali nella diagnostica sia per le sue capacità intellettive che per la dedizione alla ricerca. Ma ciò che lo ha contraddistinto è stato il vivere la vita come vocazione alla professione medica non per arricchirsi, ma per dedicarsi ai malati e ai poveri. Aveva un’attenzione amorevole verso gli infermi, cosciente che una carezza è fondamentale per chi è malato. Si recava nei Quartieri Spagnoli per visitare e curare i poveri. Tutto chiaramente aggratisss. Continuò nella ricerca scientifica diventando accademico su richiesta di un luminare del tempo, il prof. Cardarelli. La fama delle sue capacità e attenzioni umane si era sparsa per tutta la città e in vita era considerato già santo dal popolo napoletano.
Tutto ciò che ho descritto è rappresentato molto bene nella fiction, con una interpretazione di Beppe Fiorello veramente immedesimata nella figura di Moscati. Nei malati vedeva il volto di Gesù e si consumò fisicamente nell’adempiere a questa missione. Morì a quarantasette anni di infarto. È stato canonizzato da Papa Wojtyla nel 1987.
Ma il 1° maggio ricorre anche la festa di San Riccardo Pampuri, medico condotto di Trivolzio in Lombardia diventato poi religioso nella congregazione dei Fatebenefratelli. Visse nello stesso periodo di San Giuseppe Moscati e come lui si consumò per i poveri e sofferenti morendo a 33 anni. Un percorso simile e parallelo nel nome di Gesù. Per San Pampuri non è ancora stato girato nessun film, ma tra i miei fumetti ho reperito La Vita di San Riccardo Pampuri a fumetti (pref. Mons. Luigi Negri) Edizioni Art, una chicca che vi consiglio.
Vi ho proposto questo film come esempio di figura professionale e non di santino da immaginetta clericale perché semplicemente ammiro chi studia e sceglie questo lavoro, fatto di sacrificio e dedizione, dove l’obiettivo è salvare vite umane. Anche tutti gli altri lavori hanno una statura simile, la dignità di ogni professione è nel motivo per il quale la si svolge e con che coscienza si operi. Vale per lo spazzino, l’ingegnere biochimico, la guardia giurata, ecc. Visto i tempi attuali, forse un po’ meno per chi blatera nei mass media dove vale ancora il famoso detto “Piuttosto che lavorare faccio il giornalista”.
Non di questo avviso era Giovannino Guareschi nato il 1° maggio 1908.
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