Mattino5 ha intervistato nuovamente Elena Paola, l’amica di Giuseppe Pedrazzini, il 77enne trovato senza vita in quel di Toano, in provincia di Reggio Emilia, in un pozzo. Moglie, figlia e genero sono indagati, ma per ora non è emersa ancora alcuna verità definitiva. Olga Mascolo, l’inviata del programma di Canale 5, ha provato a parlare ancora con Marta, la moglie di Giuseppe Pedrazzini, che però ha preferito non rispondere: “Non parlo, toglietevi dalle scatole, non mi interesse quello che dite, basta! Sono cose mie e non vi devono interessare, quello che dice il paese non vi deve interessare, non parlo, via”. Hanno invece parlato Silvia, la figlia della vittima, e Riccardo, il genero: “Finalmente sta emergendo la verità – le parole della prima – manca l’esame istologico e quello tossicologico, ma è emerso che non si tratti di omicidio e le cause sono naturali, siamo fiduciosi, poi capiremo cosa è successo”.
Così invece Riccardo: “E’ un bel sollievo, la parola omicidio è molto pesante e non fa parte della mia vita. Abbiamo paura? Bisognerà aspettare l’autopsia e poi vedremo come muoverci. Di quello che ha detto Marta non sappiamo nulla, appena vedremo gli atti riusciremo a capire cosa è stato detto e no”. Sul trattore di Giuseppe Pedrazzini venduto a gennaio: “Una persona che non può guidare potrebbe guidare un trattore? Nell’ultimo periodo non stava bene, era cosciente che non potesse guidare e sicuramente non poteva guidare un mezzo più pericoloso come un trattore”.
GIUSEPPE PEDRAZZINI, L’AMICA ELENA PAOLA: “LUI ERA UN BUONO”
Elena Paola, amica di Giuseppe Pedrazzini, intervistata in diretta ha spiegato: “Non so se sono materialmente responsabili della morte ma moralmente lo sono. Gli avevano tolto la patente, non poteva uscire di casa e parlare con i parenti. Se ha avuto una discussione e magari è stato spinto non si può sapere… Morto per una questione economica? Secondo me si. Non avrebbe mai potuto vendere il suo trattore, era come un figlio per lui. Lui era un buono e gli amici dicevano che se non ci fosse stato bisognava inventarlo”.
L’avvocato di Silvia e Riccardo ha aggiunto e concluso: “Hanno trovato un prete che si è fatto partecipe alle loro necessità e ha elargito una somma di denaro per dare loro la possibilità di vivere. Riccardo aveva una somma di denaro di sua disponibilità, mentre Silvia ha un solo bancomat di un conto co-intestato con la mamma. Quello del padre è stato sequestrato e con questo bancomat paga bollette e la utilizza per il minimo bisogno necessario”.